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L'INQUILINA DEL PIANO DI SOPRA

Una favola moderna che fa amare la vita

Una favola moderna che fa amare la vita

Sognare un futuro roseo è da incoscienti o da ottimisti? Dipende se si prende la vita come Bertrand, unico scapolo scontroso del palazzo, personalità eccentrica, professore universitario che si diletta nella costruzione di strani pupazzi, o come “L’inquilina del piano di sopra”, Sophie, ragazza instabile come il suo umore. L’estate parigina portata in scena da Pierre Chesnot è uno spaccato fedele della società odierna, mettendo però in risalto gli aspetti meno rosei dell’individualismo attuale. Come per esempio farsi paladini per anni della libertà e poi ritrovarsi a festeggiare il quarantesimo compleanno da soli, chiusi in casa, con l’unico obiettivo di farla finita.

Tutto può cambiare

Ma “L’inquilina del piano di sopra” è tutt’altro che una storia triste. Attorno al dramma della solitudine viene costruita una favola che mette il buonumore e fa amare la vita. Il pubblico ride perché la commedia è fatta bene, ha un testo che ha ritmo e sostanza. Ma soprattutto perché Ugo Dighero e Gaia de Laurentis portano in scena i due protagonisti con estrema disinvoltura, creando due macchiette che contagiano la platea con le loro manie e i controsensi attorno a cui hanno costruito la loro apparente felicità in una vita da single, un risultato non voluto anche se è quello che vorrebbero far credere, innanzitutto a loro stessi. Ma la vita riserva sempre sorprese, spesso proprio con un colpo di coda.

“L’inquilina del piano di sopra” dimostra che non è finita anche quando si vorrebbe farla finita. Che tutto può cambiare in un istante, che a volte basta aprire la porta a un vicino di casa fino a quel momento ignorato per smontare il proprio castello in cui ci si era arroccati per non vedere più cosa ci circonda, delusi da troppe storie finite male e da una vita che non si è rivelata quella sognata. Che a volte per ridere basta una smorfia, e in questo Dighero è un numero uno, o la briosità di De Laurentis, perfetta per rendere al meglio la leggerezza priva di banalità della pièce.

Due vecchie volpi del teatro

Lui è stato uno dei personaggi che hanno fatto la storia di “Mai dire gol” (“Hai detto Sandro?” il suo tormentone), lei il volto sorridente della banda di “Ciro il figlio di Target”, entrambe due trasmissioni cult della comicità italiana della televisione Anni Novanta. Ma Ugo Dighero e Gaia de Laurentis sono molto di più. Specialmente a teatro. Dighero proviene dalla scuola genovese e da oltre trent’anni porta in scena i testi di Dario Fo. L’ultimo della serie è il “Mistero Buffo” che ha debuttato lo scorso anno, dopo la lunghissima tournèe di “Servo per due” portato in scena insieme a Pierfrancesco Favino. De Laurentis ha cominciato la sua carriera proprio come attrice teatrale, alla scuola del Piccolo teatro a fianco di Giorgio Strehler. E’stata Margherita nel Faust e ha persino recitato in “Arlecchino, servitore di due padroni”.
Visto il 28-02-2018
al Delle Arti di Gallarate (VA)