Sognare un futuro roseo è da incoscienti o da ottimisti? Dipende se si prende la vita come Bertrand, unico scapolo scontroso del palazzo, personalità eccentrica, professore universitario che si diletta nella costruzione di strani pupazzi, o come “L’inquilina del piano di sopra”, Sophie, ragazza instabile come il suo umore. L’estate parigina portata in scena da Pierre Chesnot è uno spaccato fedele della società odierna, mettendo però in risalto gli aspetti meno rosei dell’individualismo attuale. Come per esempio farsi paladini per anni della libertà e poi ritrovarsi a festeggiare il quarantesimo compleanno da soli, chiusi in casa, con l’unico obiettivo di farla finita.
Tutto può cambiare
Ma “L’inquilina del piano di sopra” è tutt’altro che una storia triste. Attorno al dramma della solitudine viene costruita una favola che mette il buonumore e fa amare la vita. Il pubblico ride perché la commedia è fatta bene, ha un testo che ha ritmo e sostanza. Ma soprattutto perché Ugo Dighero e Gaia de Laurentis portano in scena i due protagonisti con estrema disinvoltura, creando due macchiette che contagiano la platea con le loro manie e i controsensi attorno a cui hanno costruito la loro apparente felicità in una vita da single, un risultato non voluto anche se è quello che vorrebbero far credere, innanzitutto a loro stessi. Ma la vita riserva sempre sorprese, spesso proprio con un colpo di coda.“L’inquilina del piano di sopra” dimostra che non è finita anche quando si vorrebbe farla finita. Che tutto può cambiare in un istante, che a volte basta aprire la porta a un vicino di casa fino a quel momento ignorato per smontare il proprio castello in cui ci si era arroccati per non vedere più cosa ci circonda, delusi da troppe storie finite male e da una vita che non si è rivelata quella sognata. Che a volte per ridere basta una smorfia, e in questo Dighero è un numero uno, o la briosità di De Laurentis, perfetta per rendere al meglio la leggerezza priva di banalità della pièce.