Vendette, omicidi, mostruosi delitti e misteri gioiosi (di Stato). Omelie, penitenze, orazioni e misteri dolorosi.
Il nostro protagonista alterna così momenti di mistica preghiera a narrazioni di atroci delitti, in nome di una “giustizia” terrena (la mafia): un frenetico e convulso delirio in cui omicidio e devozione si fondono in un unico corpo.
Un latitante, costretto a vivere in solitudine per sfuggire alla giustizia, è portavoce di due “verità”: quella della parola di Dio pronunciata dal rosario e quella della inumana e feroce parola della mafia.
Egli rivive, attraverso la preghiera, la morte di Gesù ponendosi sotto la croce con Lui e carpirne tutta la forza rigeneratrice. Un influsso che si tramuta in ostilità, rancore, sangue e sete di vendetta: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto”.
La pièce si conclude con un eclatante atto di denuncia; nel mirino: sindaci, assessori, parlamentari, magistrati e forze dell’ordine.
Eccezionale l’interpretazione di Vicenzo Pirrotta che coniuga, in maniera esemplare, gestualità e gioco vocale. Ad una voce modulata e scandita egli ne contrappone un’altra supplichevole e penitente; entrambe a rappresentare l’allucinante alternarsi di momenti di sfida e invocazione del protagonista.
Efficacissime le musiche, egregiamente eseguite da Giovanni Parrinello, che donano vivacità al testo in sé corposo e squisitamente angosciante.
Ottima anche la regia dello stesso Pirrotta, puparo e cantastorie palermitano nonché erede della tradizione dei cuntisti. Egli sviluppa un discorso di ricerca teatrale che, pur partendo dalla tradizione siciliana antica, approda, con giustezza di ragionamento, a un teatro all’insegna della ricerca e della sperimentazione.
Napoli, Ridotto Teatro Mercadante, 1 dicembre 2008.
Visto il
al
Gobetti
di Torino
(TO)