Parma, teatro Regio, “La Bella addormentata nel bosco” di Rudolf Nureyev
L'OPULENZA DEL CLASSICO
Il merito delle coreografie di Nureyev, nell'ambito della storia del balletto, è di avere provocato la rinascita dell'interesse per la coreografia ottocentesca e portato all'attenzione di un vasto pubblico il balletto classico, in un tempo, gli anni Sessanta e Settanta, in cui si affermavano il teatro d'avanguardia e la danza postmoderna, ma con dei distinguo.
La prima differenza è con le versioni storiche: le versioni “Nureyev” propongono un nuovo modo di leggere il repertorio classico, operando una sorta di “svecchiamento” delle coreografie, rendendole più attuali, più vive e vitali, più immediatamente accessibili. La seconda differenza è con le coreografie a lui contemporanee: a differenza del linguaggio dissacratore ed irriverente dei postmoderni e della pop art, il russo non ripensa in modo radicale la coreografia, bensì cerca (e trova) un perfetto equilibrio tra la moderna introspezione psicologica della vicenda ed il rispetto per il testo coreografico tradizionale.
I personaggi risultano così più credibili ed attuali e, al tempo stesso, il balletto rimane fedele a se stesso. Nureyev decifra i codici semantici di Petipa, però li adatta alla sua lettura: al centro della storia ci sono due giovani innamorati soffocati dal mondo sociale a cui appartengono, dove fredde convenzioni e regole costrittive di comportamento rischiano di generare una tragedia, sventata solo grazie alla semplicità di un sentimento potente e universale come l'amore.
Una lettura che parte da elementi tipici della tradizione sovietica, continuamente citata nella parte coreografica, ma che si arricchisce di elementi esterni a detta tradizione.
Ad esempio le variazioni delle Fate nel prologo, tipiche della Russia, come anche il primo assolo di Desiré. Azzeccato l'inserimento delle lunghe scene mimiche: Carabosse e la Fata dei Lillà sono ruoli puramente mimici, seppure affidati a due donne (Sabina Galasso e Laura Caccialanza), e non a un uomo, come da tradizione: il ruolo di Carabosse, la “gobba”, fu scritto per il civitanovese Enrico Cecchetti e lo stesso Nureyev lo interpretò.
Aurora esegue nei passi a due movimenti liberamente ispirati alle danze tradizionali russe, incarnando una Santa Madre Russia salvata dal malvagio complotto della strega cattiva. Meno politicizzata, ma interessante comunque, è l'allegoria del passo a cinque delle Pietre Preziose (Beatrice Carbone, Alessandro Grillo, Luana Saullo, Francesca Podini e Chiara Borgia). Ironici, divertenti e graffianti il Gatto con gli stivali e la Gatta bianca (Massimo Della Mora e Antonella Luongo), direttamente dalle fiabe di Perrault per festeggiare il matrimonio dei protagonisti. Eterei l'Uccello blu (Antonino Sutera) e la principessa Fiorina (Sophie Sarrote). Con loro un agitato maestro delle cerimonie (Vittorio D'Amato), un imponente Re (Francisco Sedeño) e un'altera regina (Piera Pedretti).
Il pubblico è stato tutto per la brava e partecipe Gilda Gelati nel ruolo del titolo e per la stella della serata, Leonid Sarafanov, in quello del principe, la stessa coppia del debutto alla Scala pochi giorni fa. Lei padrona della coreografia e sicura nelle prese aeree e nelle ardue posizioni sulle punte, lui agile e leggero come una piuma, ma con la forza interiore di un nobile dallo sguardo fiero: il teatro esplode in applausi per il lungo assolo del secondo atto e per gli interventi nel terzo.
Il corpo di ballo, che in questa coreografia ha un ruolo rilevantissimo, partecipa con qualche sbavatura, soprattutto nell'atto della visione. David Garforth è uno specialista ed ha diretto in modo adeguato l'orchestra del Regio di Parma. Franca Squarciapino in scene e costumi ricrea l'opulenza imperiale nella perfetta aderenza al libretto.
Grande successo per i ballerini della Scala, in attesa di partire per il Giappone e poi per Londra, prima dell'arrivo a settembre della nuova direttrice, Elisabetta Terabust.
Visto a Parma, teatro Regio, il 30 maggio 2007
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Regio
di Parma
(PR)