LA BISBETICA DOMATA - LA RECENSIONE. LuganoInScena presenta un’edizione del capolavoro shakespeariano La Bisbetica Domata, per la regia di Andrea Chiodi, con un cast tutto al maschile e Tindaro Granata nella parte della bisbetica da domare.
LuganoInScena presenta un’edizione del capolavoro shakespeariano senza donne. La parola che ristabilisce l’ordine sociale non può che essere maschile. Un gruppo di attori affiatati e talentuosi, una regia attenta e senza fronzoli, una traduzione vivace e incisiva e un disegno luci magnificamente essenziale.
Sono questi gli ingredienti de La Bisbetica Domata prodotta da LuganoIn Scena, per la regia di Andrea Chiodi, con un cast tutto al maschile e Tindaro Granata nella parte di Caterina, bisbetica da domare.
Il potere della parola
La commedia shakespeariana di Caterina, enfant terrible che il padre Battista vuole a tutti i costi far sposare prima di promettere in moglie la sorella Bianca, è senza dubbio metafora della parola e del suo potere. O meglio, di un match tra parola anarchica, quella appunto di Caterina, e la parola dell’ordine costituito.
L’idea di match attraversa tutto lo spettacolo, dalle schermaglie tra Petruccio e Caterina a colpi di mazza da baseball ai seggioloni da arbitro di tennis sui quali i personaggi si arrampicano, stanno alla finestra, osservano quello che accade sulla scena. Il finale sembra però scontato, le terribili parole con le quali Caterina, su ordine di Petruccio, deve riconoscere il potere dell’uomo sulla donna ristabiliscono sì un ordine, ma accreditano anche una profonda ingiustizia.
Eppure la regia di Chiodi non sembra interessarsi a questo, non è il finale il centro della tensione scenica bensì la capacità che hanno i personaggi di manipolare la parola. Tranio, ad esempio, funambolo della parola sulla scia dei servi plautini, riesce a dipingere scenari ingannevoli, lo stesso fanno gli altri pretendenti come Gremio, Ortensio e Lucenzio. Ogni personaggio affida alla parola la propria capacità di soverchiare l’altro, così Petruccio obbligherà Caterina a parlare della luna quando a splendere è il sole e a salutare un uomo riconoscendo in esso una donna.
Tra Magic moments e Love me tender
Il terreno di questo match è un palcoscenico vuoto, a dimostrazione che il teatro vincente è un teatro nudo dove la parola, i ritmi, le intensità e le tensioni hanno bisogno di uno spazio e non necessariamente di feticci scenografici. Tindaro Granata è una Caterina che non cede mai al rischio della finzione al femminile, anzi la sua virilità mostra l’esatto confine tra la parola ribelle, solitamente riconosciuta alla donna, e la parola normativa, che invece attiene culturalmente all’uomo. Quanto nella prima parte appare maschiaccio incorreggibile, tanto più alla fine, nel pronunciare le parole di sottomissione, si presenta nell’abbigliamento simile a quello di tutte le altre donne.
Mai, neppure per un momento, lo spettacolo dimentica di essere una commedia, le trovate e le gags non sono mai volgari né sopra le righe, così come Magic moments o Love me tender cantate da tutti personaggi in scena danno un tocco di leggerezza e ironia perfettamente in linea con l’intera messa in scena. Le due ore arrivano alla fine, la bisbetica è stata domata, tutti gli uomini hanno ottenuto la donna che volevano e il pubblico applaude divertito.