È una “Bisbetica domata” tutta al maschile quella allestita da Andrea Chiodi in coproduzione con li LAC di Lugano, in cui l’addomesticamento della protagonista avviene grazie ad un vero e proprio lavoro di squadra.
Domatori in gruppo
I costumi disegnati da Ilaria Ariemme prevedono infatti una divisa nera uguale per tutti gli uomini, i cui unici elementi distintivi sono nome e numero inciso sulla schiena. Anche Bianca, seppure in abiti femminili, soggiace a questa regola. L’unica a non essere ancora marchiata è Caterina, figura fuori dagli schemi, che contrasta con il resto del gruppo, coeso da un forte cameratismo, le cui mosse vengono coordinate da Petruccio al quale, in perfetta tradizione sportiva, viene affidato il numero 10, quello del centravanti.
La scelta di un cast di soli uomini, al di là della filologia alla tradizione teatrale elisabettiana, mette ancora più in risalto il tema portante della commedia: la necessità di controllare e uniformare il diverso, colui che cerca di affermare la propria unicità. Per questo la sopraffazione dell’indemoniata Caterina, che alla fine entrerà in scena vestita di tutto punto con il numero 1 sulla schiena, risalta in maniera ancora più violenta. Una violenza che però non è mai realmente fisica, ma si basa sulla parola, sulle astuzie del linguaggio, sulla capacità di imbrigliare con la retorica chi al contrario è libero e si muove senza schemi predefiniti. Ed infatti Bianca, che ha accettato di uniformarsi, viene ridotta a presenza silenziosa. Fatta eccezione per una sola battuta, non sentiremo mai la sua voce nel corso dello spettacolo.
Spettacolo vitale e ottimo cast
Chiodi, pur firmando uno spettacolo intelligente e raffinato, ha la grande abilità di non farsi prendere la mano dalle sovrastrutture interpretative ed evita la trappola di scivolare nella sterilità intellettuale, regalandoci al contrario una Bisbetica dinamica, vitale, nella quale si ride parecchio, grazie anche alla spigliata traduzione di Angela Demattè.
Eccellente e affiatato il cast che si avvale di giovani validi attori. Angelo di Genio è un Petruccio spavaldo e guascone che, appena arrivato a Padova, si pone subito alla testa della squadra di coloro che vorrebbero far rientrare nei ranghi Caterina, ovvero Christian La Rosa, Igor Horvath, Massimiliano Zampetti, Walter Rizzuto, Ugo Fiore e Rocco Schira nei silenziosi panni di Bianca.
Tindaro Granata è bravissimo nel ruolo di una Caterina fiera della sua libertà che, come una volpe cerca di sfuggire alla muta dei cani; probabilmente la stessa volpe che vediamo imbracciare il violino nel prologo che introduce la vicenda. La sua è un’interpretazione matura, estremamente sfaccettata nei rapporti con i vari personaggi che la costringeranno a mutare i suoi atteggiamenti nel corso lo spettacolo e a condire il monologo finale con una nota di malinconica amarezza che arriva direttamente al cuore.