Lirica
LA BOHEME

Bohème colorata e fiabesca

Bohème colorata e fiabesca

Al Carlo Felice è in scena  un nuovo allestimento di Bohème caratterizzato dal coloratissimo e surreale apparato scenografico del pittore genovese Franco Musante che, per la forte impronta fiabesca, si colloca idealmente sulla scia di Emanuele Luzzati di cui di recente il Carlo Felice ha riproposto alcuni indimenticabili allestimenti.

Per una volta i cieli di Parigi sono tutt’altro che bigi e recano lo stile funambolico di Musante con le sue mezze lune, gli omini colorati con le tube, le allegre casette sospese. La soffitta dai colori pastello con disegni infantili alle pareti è posta su di un carillon che, azionato da una chiavetta-giocattolo, ruota per fare posto all’esplosione di colori del quartiere latino suscitando un senso di infantile meraviglia. Anche i fantasiosi costumi dai colori vivaci (fucsia, giallo, verde, turchese) contribuiscono a creare un’atmosfera surreale e giocosa. D’altra parte, come dichiara il pittore stesso, si tratta “di una Bohème fatta senza pensare alla morte”.
Tutto é fiaba e anche la barriera d’Enfer è un susseguirsi  di variopinte casette sghembe con le finestrelle che si aprono e un verde viale alberato da cui escono di scena abbracciati Rodolfo e Mimi sotto una pioggia benaugurante di petali fioriti.

Il regista Augusto Fornari, prendendo spunto dall’atmosfera fiabesca creata da Musante e dalle utopie dei sogni giovanili propri di Bohème, affianca ai personaggi un doppio infantile che rappresenta l’anima innocente e “fanciullina”. La marcata presenza di bambini sulla scena stempera, per non dire “censura”, la tragicità dell’opera che qui risulta una favola colorata  vista con gli occhi dei bambini  e il gioco del doppio contribuisce a creare un’atmosfera onirica.
A seconda della situazione i bambini, vestiti come il personaggio di riferimento, si comportano da attori o spettatori: costringono il Benoit-bambino a giocare a mosca cieca, fanno a palle di neve per tradurre le schermaglie amorose fra Marcello e Musetta, si scaldano davanti a una candela, osservano immobili il nascere della storia d’amore fra Rodolfo e Mimì.
I protagonisti non si accorgono della loro presenza, neanche quando “interferiscono” con le loro azioni (quando Rodolfo non è in vena di scrivere, il bimbo accoccolato sulla scrivania gli prende la penna per scherzo), ma quando nel quarto atto la tragedia incalza spariscono, lasciando ai soli adulti il compito di andare incontro alla morte.
Riappariranno solo a morte avvenuta, seduti su di un carretto da circo che sfila lungo il palcoscenico per un ultimo saluto e solo allora gli adulti li vedranno specchiandosi in ciò che erano. La morte di Mimì è da intendersi come fine della giovinezza piuttosto che della vita.

Nella recita a cui abbiamo assistito il ruolo di Mimi è stato sostenuto da Amarilli Nizza che ne ha dato un’interpretazione lucida e drammatica sottolineando fin dall’inizio l’impossibilità di vivere il sogno; i momenti più intensi anche dal punto di vista vocale sono stati il terzo ed il quarto quadro.
Massimiliano Pisapia è un Rodolfo simpatico e spavaldo, sia per il gesto che per il canto che sgorga spontaneo con facile squillo e ancora una volta se ne apprezzano le virtù timbriche con una “che gelida manina” dalle notevoli intenzioni espressive.
Roberto Servile infonde giusta umanità a Marcello, ma in questa occasione il canto è risultato un po’ appannato. Alida Berti è una Musetta avvenente, entra in scena su di un cavallo da giostra che scende dal cielo tenendo al laccio con un nastro Alcindoro e convince anche per il canto aggraziato e brillante. Il Colline di Christian Faravelli è musicalmente corretto, ma ancora un po’ acerbo.
Bene Dario Giorgelé nei panni di Schaunard. Positiva la prova di Fabrizio Beggi nei panni di Alcindoro, Pasquale Graziano è Parpignol , Davide Mura è Benoit. Un plauso alla naturale comunicativa di tutti i mimi bambini.

Marco Guidarini offre una lettura tradizionale, ricca di pathos e slanci melodici, più attenta a sostenere il canto che non a mettere in rilievo il gioco di colori e sfumature della trama sinfonica.
Complessivamente buone le prove del coro diretto da Marco Balderi e delle voci bianche preparate da Gino Tanasini.

Buon successo di pubblico per una Bohème atipica  capace di dare un positivo segnale di svolta per il nuovo corso del teatro Carlo Felice.

Visto il
al Carlo Felice di Genova (GE)