Lirica
LA BOHèME

Cieli bigi

Cieli bigi

Storico allestimento di Bohème al Regio di Parma

Spettacolo tradizionale e ormai storico per il Regio di Parma quello di Francesca Zambello (ripreso per l’occasione da Ugo Tessitore), un allestimento che risale al 1989 ma che ancora oggi stupisce per bellezza, finezza e cura estrema per ogni singolo dettaglio. La povera soffitta di Rodolfo, nelle scene pensate da Nica Magnani, si apre a una vista spettacolare sulla cupola della Basilique du Sacré Cœur de Montmartre grazie a un’enorme vetrata che occupa tutta la parete di fondo. Pochi gli arredi, quelli richiesti dal plot, e un cielo grigio della tonalità dell’ardesia che tanto caratterizza i tetti della capitale francese e che fa quasi percepire fisicamente quella sensazione di tristezza, umido e freddo che solo gli inverni dei climi continentali possono dare. In pochi istanti, nel passaggio al quadro secondo, la scena muta completamente: dal fondo fa il suo ingresso la bellissima struttura circolare del Caffè Momus e la soffitta si trasforma improvvisamente in una piazza affollatissima, per buona metà ingombrata dai tavolini all’aperto del Caffè gremiti di avventori e chiusa sui lati dai palazzi del Quartiere Latino. La neve comincia a cadere a tratti, ancor prima di divenire la vera protagonista del quadro terzo, dominato dalla struttura ferrea della cancellata della Barriera d’Enfer e da alcuni alberi stecchiti sullo sfondo che, in un mutamento significativo, diverranno poi la nuova vista della soffitta di Rodolfo in un finale in cui la povertà la fa da padrona, tanto da costringere Mimì a morire a terra su un paio di materassi di fortuna. Garbate ed estremamente efficaci le luci di Andrea Borelli, ricercati nella loro semplicità i costumi curati dalla stessa Nica Magnani.

Il cast

Valeria Sepe è una Mimì meno timida del consueto, non priva di sofferente ruvidezza nel finale: la voce è importante, ben gestita, leggermente più debole nelle note gravi rispetto a quelle acute in cui svetta solida e corposa. Strumento dal colore interessante, nonostante qualche leggera disomogeneità nel suono, per Stefan Pop che interpreta un Rodolfo convincente, dal giusto squillo, letteralmente straziato dal dolore nel momento della morte di Mimì. Cinzia Forte indossa, invece, le vesti di una Musetta seducente e sensuale con estrema naturalezza: ottimo il controllo dei fiati, unito a una linea di canto armoniosa e ben levigata. Sergio Vitale è un Marcello espressivo e coinvolgente, dotato di un piacevole timbro scuro, ricco di sfumature e accenti, che spicca per la cura del fraseggio. Nei panni di uno Colline serio ma tagliente e a tratti quasi cinico, Dario Russo esegue la sua Vecchia zimarra con perizia e pacata finezza. Andrea Vincenzo Bonsignore è uno Schaunard corretto, scenicamente molto efficace, ma privo di grande volume. Con loro: Marco Camastra nel ruolo di Benoit e di Alcindoro, Enrico Cossutta in quello di Parpignol, i Doganieri di Roberto Scandurra e Matteo Mazzoli, il Venditore di Giovanni Gregnanin.

L'orchestra

Direzione ricca di carica, trasporto, ma anche equilibrio per Valerio Galli che ben sottolinea, esaltandoli, i momenti di maggior lirismo della partitura. Discreta la prestazione dell’Orchestra Dell’Opera Italiana che pare evidenziare qualche leggero problema di coesione e affiatamento al proprio interno.

Visto il 10-03-2017
al Regio di Parma (PR)