Impianto totalmente tradizionale per questo nuovo allestimento de La Bohème con la regia di Pier Francesco Maestrini proposto a chiusura della stagione invernale veronese: uno spettacolo in ultima analisi piacevole e fruibilissimo ma al contempo talmente prevedibile da risultare in alcuni punti banale. Le scene di Carlo Salvi sono senza dubbio curate ma sono anche, né più né meno, l’esatta trasposizione di quello che l’immaginario collettivo si immagina di vedere ne La Bohème. L’ambientazione è di fine secolo e sul fondo vengono proiettati in successione immagini di dipinti dell’epoca, impressionisti e non, con i quali l’azione sembra fondersi e ai quali i costumi e la gestualità dei protagonisti si richiamano con chiarezza, in un effetto cromatico quasi di tableaux vivants di sicura efficacia. Il gesto curato, piano ed elegante dei protagonisti contribuisce non poco al tranquillo dipanarsi della vicenda senza sorprese, ma anche senza intoppi.
Tempi serrati e direzione ricca di dinamiche e colori, alla continua ricerca di un perfetto equilibrio e di un compiuto amalgama di suono, per un Jader Bignamini in grande forma che guida mirabilmente l’Orchestra dell’Arena di Verona con un occhio sempre vigile volto verso il palcoscenico.
Jean-François Borras è un Rodolfo sentimentale, provvisto di un timbro gradevole, seppur forse un po’ chiaro, e di una tecnica precisa e puntuale: le mezze voci sono ricche di colori, limpido l’acuto. Qualche leggera sporcatura di suono, invece, per la Mimì di Chiara Augella che evidenzia comunque nel complesso una linea di canto regolare. Egregia la frizzante, ma umanissima, Musetta di Daniela Bruera, dotata di ottima proiezione e di una verve scenica di tutto rispetto. Degno della massima attenzione anche il vigoroso Marcello di Alessandro Luongo che, sempre perfettamente in parte, fornisce un’interpretazione fuori dal comune, carica di colori e sfumature. Ricca di dolcezza, ma anche di compostezza, la “Vecchia zimarra” di Marco Vinco che impersona un Colline simpatico e vivace, dal timbro scuro e profondo. Di grande robustezza ed espressività lo Schaunard di Francesco Verna. Con loro il brillante Benoît di Davide Pelissero, l’Alcindoro di Pietro Toscano, il Parpignol di Salvatore Schiano di Cola. Pregevoli le prove del Coro dell’Arena di Verona e del Coro di voci bianche A.LI.VE.