Lirica
LA BOHèME 

Eguale a 125 anni fa, “La bohéme” di Puccini torna in scena al Teatro Regio di Torino

La bohème
La bohème © Ivano Coviello/T.Regio di Torino

E' un piacevole tuffo nel passato, La bohème pucciniana che inaugura il 2021 al Teatro Regio di Torino, con una prima visione esclusiva sul canale Classica HD di Sky, e poi disponibile in streaming a pagamento dal 1 al 8 febbraio sul sito www.teatroregio.torino.it

Scene ed abiti sono gli stessi del febbraio 1896, quelli cioè della prima assoluta diretta dal giovane Toscanini. Basati sui bozzetti originali di Adolf Hohenstein, erano stati ricostruiti con passione da Leila Fteita, Nicoletta Ceccolini e Rinaldo Rinaldi nel 1996, per il centenario di quella celebre serata. Vengono nuovamente ripresi per una produzione già prevista a marzo 2020, e poi slittata a dicembre; ed ora riprogrammata a sala ancora chiusa, a coincidere giusto con il 125° dell'apparizione del capolavoro di Puccini.

Un allestimento storicamente informato, con il cuore in mano

In questa ripresa dal pretto indirizzo filologico, anche la regia a quattro mani di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi procede in punta di piedi, rispettosa delle didascalie, fiorente di piccoli dettagli, appassionata e vivace, e pervasa di fine teatralità. E' uno spettacolo molto ortodosso e ben riuscito, verosimilmente assai vicino a quanto la critica accorsa da tutta Europa si trovò davanti nel 1896, e che conquistò per sempre il cuore del pubblico.

Sul podio dell'Orchestra del Regio presiede Daniel Oren, maestro che Puccini ammira ed ama intensamente, come ha ribadito nella bella intervista che ha preceduto l'opera. E che dichiara di prediligere le direzioni 'storiche' di Votto, Serafin, Karajan. Lo si sente bene: per l'equilibrio sonoro, per il dosato fraseggio vocale ed orchestrale, per le sottolineature delle indicazioni agogiche e delle annotazioni di espressione, che trovano tutte piena realizzazione. Su tutto, poi, domina massima attenzione al compito degli interpreti, accompagnati e sostenuti al meglio; e quell'intelligente misura di enfasi teatrale che vivifica dal di dentro l'esecuzione.

Freschezza e maturità

Il cast vede la presenza di voci ancor fresche, suppergiù trentenni, ma di già mature. Figure ideali, per questa storia di giovani pieni di speranze. Mimì è consegnata a Maria Teresa Leva, Rodolfo ad Iván Ayón Rivas. Il soprano calabrese ci pare interprete pucciniana ideale, per morbidezza e bellezza di timbro, emissione dosata, accento e gusto: non a caso, ha affrontato con esiti lusinghieri anche Liù, Magda, Anna, Suor Angelica, Cio-Cio-San. Doveva cimentarsi con Manon a Genova, ma ci si è messa di mezzo la pandemia. La tenera fioraia l'ha affrontata più volte: oltre a cantarla con estrema grazia e proprietà, sa essere delicata ma non leziosa, melanconica ma non lacrimosa.

Il tenore peruviano sinora ha sostenuto solo questo ruolo pucciniano, peraltro sempre con grandi direttori: con Noseda qui a Torino nel 2017, ed a Parigi l'anno dopo; a Venezia con Chung, a Roma con Rizzo. Canta con voce senz'altro affascinante, dal colore limpido, svettante in acuti facili e armoniosi. E sa fraseggiare con grandissima cura, senza dubbio alcuno. Nondimeno, come interprete preso a sé, ci pare un po' distaccato, tanto che qua e là il senso delle frasi resta a mezz'aria.

Il pittore, il filosofo, il musicista, la civetta

Intorno a loro ruota un parterre di buone personalità, impegnate in un gioco collettivo ben realizzato. Massimo Cavalletti è un Marcello vocalmente più che corretto, però impalato in scena; deliziosa e smorfiosetta è la Musetta di Hasmik Torosyan, finemente cantata; Tommaso Barea ed Alessio Cacciamani conferiscono corpo e vigore a Schaunard ed a Colline; Matteo Peirone impersona con sapidi tocchi di colore sia Benoît che Alcindoro. Parpignol è Alejandro Escobar, il sergente Desaret Lika. Buona la prestazione del Coro del Regio, curato da Andrea Secchi.

La ripresa video è buona, quella audio confina qualche volta in secondo piano le voci. In compenso, come nella mitica Bohème toscaniniana del 1946, riprende spesso il borbottio dell'esuberante direttore.

Visto il 30-01-2021
al Regio di Torino (TO)