Firenze, “Bohème” di Giacomo Puccini
LO STRUGGENTE FUGGIRE DEL TEMPO E DEI SENTIMENTI
Questa Bohème di Jonathan Miller è uno degli allestimenti più felici degli ultimi anni, spostata agli anni Trenta del Novecento. Scene e costumi, nei toni prevalenti del grigio, sono orientati verso un naturalismo carico di poesia, come le immagini dei grandi fotografi, oppure come una scuola di pittura che guarda la realtà senza ipercriticismo, bensì per evidenziarne gli aspetti poetici, mai edulcorati e zuccherosi. Così tutto appare estremamente realistico e al tempo stesso estremamente poetico. Immediatamente riconoscibile, a cominciare da quella Jean Harlow sul poster nella soffitta, siderlmente lontana da Mimì. La regia di Miller è classica nell'azione e nel rapporto intimo ed affettivo tra i personaggi; le relazioni interpersonali sono sviscerate e lucidamente analizzate e la recitazione è impostata su sguardi e gesti molto misurati, contenuti, eppure segnali esteriori di una intensa e tumultuosa emotività, di grande forza interiore. Uno sguardo, un dito, una mano da soli riescono ad esprimere tutto, grazie all'abilità di Miller: indimenticabile la scena della “gelida manina”, il gesto timoroso di Rodolfo nello sfiorare la mano di Mimì sopra la dormeuse. Contribuiscono in modo determinante alla riuscita di questo bellissimo spettacolo le scene di Dante Ferretti ed i costumi di Gabriella Pescucci, che creano un senso immediato di caducità e di fuggevolezza. Del tempo e dei sentimenti.
Anja Harteros è una struggente Mimì. La sua voce morbida e malinconica ha ben tratteggiato la solitudine del personaggio e il passare dell'amore che le viene da Rodolfo. La Harteros ha una voce bella, intensa, scura ma in grado di salire senza difficoltà alle note alte. L'aspetto dimesso, la ritrosia, il riservato timore materializzano un personaggio crepuscolare, creando nello spettatore un senso di profonda malinconia, una lamentazione incessante per lo struggente fuggire del tempo e dei sentimenti, per l'irripetibilità degli attimi, per la caducità delle cose terrene. Che poi sono il senso stesso di Bohème e la sua carica innovativa. Si fatica per non piangere davanti a questa Mimì, un po' piccola fiammiferaia, un po' Cenerentola. Un po' ognuno di noi.
Roberto Aronica frequenta da anni il ruolo di Rodolfo e con sicurezza ed agio si muove in questi panni con forti sentimenti; la voce è limpida e potente, i registri equilibrati e pieni, l'interpretazione di chi canta anche con il cuore. Indimenticabile quel suo “do” nel Faust al Regio di Parma l'anno scorso: Aronica ha la rara capacità di essere tecnicamente ineccepibile e naturalmente piacevole, con quel suo timbro bello e luminoso.
La rivelazione dello spettacolo è Pietro Spagnoli, in un ruolo inusuale per il suo repertorio: la voce è bella e piena, l'emissione salda, il fraseggio ottimo, fondamentale in questa parte pressochè priva di arie ma non per questo meno insidiosa, con tutti quei sentimenti da esprimere. A ciò va aggiunta una recitazione naturale con la mimica facciale curatissima e ricercata, di chi si prepara meticolosamente al ruolo e lo vive appieno: Marcello è pieno di passione e di gioia giovanile, innamorato rabbioso, amico sincero, che ha voglia di divertirsi ma su cui si può sempre contare. Insomma una bella sorpresa, dopo i tanti ruoli mozartiani affrontati con successo l'anno scorso, che si spera abbia lungo sèguito. Qui Spagnoli è protagonista di una delle scene più commoventi: alla fine del terzo quadro, quel suo rimanere solo, fuori, seduto su una panchina nel freddo inverno dà tutto il senso della vera, insuperabile solitudine.
Donata D'Annunzio Lombardi ha piacevole voce ed ottime capacità recitative e tratteggia una Musetta civetta ma intelligente e sensibile, mai eccessiva, mai volgare. Impeccabile la sua esecuzione del valzer.
Con loro buone prove per tutto il cast: Massimiliano Gagliardo (Schaunard), Rafal Siwek (Colline), Franco Boscolo (Benoit), Alessandro Calamai (Alcinodoro), Saverio Bambi (Parpignol).
Stefano Ranzati ha diretto con molta sicurezza l'ottima orchestra del Maggio, evidenziando le finezze e le vibrazioni musicali della partitura che sottendono a quelle dell'anima. Il coro del Maggio, preparato da Piero Monti, era ampliato nel secondo quadro dal coro di voci bianche della scuola musicale di Fiesole preparato da Joan Yakkei.
Un grandissimo successo di pubblico, che dimostra la popolarità e la riuscita di questo allestimento, con tutto esaurito ad ogni recita. Un trionfo alla recita a cui ho assistito.
Visto a Firenze, teatro Comunale, il 27 gennaio 2007
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Piccolo Teatro del Comunale
di Firenze
(FI)