La Bohème, opera in quattro quadri del compositore lucchese Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, è stata rappresentata per la prima volta al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1896, diretta dall’allora giovane Arturo Toscanini. Dopo questo primo allestimento se ne contano almeno una ventina realizzati presso l’ente lirico torinese. E proprio a Torino l’opera tratta dalle Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger, sulla vita di un gruppo di giovani artisti nella Parigi del 1830, è tornata nuovamente in scena per quattro recite speciali – dal 9 al 23 luglio – nell’ambito del progetto The Best of Italian Opera, che, nell’anno di Expo, chiude la stagione 2014/2015 del Teatro Regio. La regia è di Vittorio Borrelli, che riprende l’allestimento curato per l’edizione del centenario (1996, sempre al Teatro Regio) da Giuseppe Patroni Griffi, che vide nei panni del poeta Rodolfo il M° Luciano Pavarotti.
Le scene di Saverio Santoliquido e Claudio Boasso rispondono hanno il pregio di attenersi alla realtà in ogni singolo dettaglio, per una necessità di rapidità di svolgimento dell’azione scenica dovuta alle sequenze narrative frammentarie del libretto. Con Bohéme, infatti, Puccini lavora per la prima volta su un testo drammatico organizzato in “quadri” (ovvero blocchi drammatici unitari, definiti dall’identità dell’ambiente), per ciascuno dei quali ha tratto una partitura continua, priva della suddivisione in numeri musicali.
Identità sul piano narrativo di ambienti e oggetti, dunque. Anche i personaggi rispondono agli stessi criteri; tuttavia restano in bilico tra rappresentazione del vero (e identificazione nella realtà) e un vissuto da favola.
Il Rodolfo di Stefano Secco è realistico come poeta squattrinato, ma l’amore tra lui e Mimì, si svolge su un piano emozionale, inserito nella realtà, che la travalica, e, nell’ultimo duetto trai due, diventa ricordo. Barbara Frittoli è una Mimì che si lascia condurre dalla sua vita di stenti, consapevole della sua condizione e del suo destino, ancora prima di venirne a conoscenza, felice comunque delle piccole gioie della vita.
La storia d’amore con la maggior componente di realismo è quella tra il pittore Marcello (Markus Werba) e Musetta (Maria Teresa Leva), la cui aria ‘Quando men vo…’ introduce un personaggio inserito in modo appropriato nel contesto e dai tratti psicologici ben definiti.
Così come ben definiti nelle loro funzioni sono gli altri bohèmienne, il musicista Schaunard (Simone Del Savio) e il filosofo Colline (Riccardo Zanellato), i quali lasciando soli i due innamorati sul finale dell’ultimo quadro sottolineano con maggiore intensità il commiato di Mimì, non solo dal suo Rodolfo, ma da una giovinezza vissuta negli stenti (ma spensierata) che non potrà più tornare.
Particolarmente apprezzata dal pubblico la presenza nel secondo quadro del coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”, diretti dal M° Claudio Fenoglio, che salutano l’arrivo del carro di giocattoli di Papignol (Gualberto Silvestri).
La vigorosa direzione d’orchestra di Andrea Battistoni ben si combina con la tensione all’equilibrio tra aderenza alla realtà e la narrazione di una ormai moderna favola senza lieto fine.
Lirica
LA BOHèME
La favola triste de 'La Bohème'
Visto il
09-07-2015
al
Regio
di Torino
(TO)