Lirica
LA BOHèME

Le scene che fanno l'opera

Le scene che fanno l'opera

Più volte abbiamo sostenuto la necessità di riproporre (non solo per esigenze di economia) allestimenti che non possono e non debbono essere confinati nei magazzini dei teatri, come questa Bohème di Pierluigi Samaritani dalle scene così belle che da sole fanno lo spettacolo, scene che testimoniano un modo tutto italiano di lavorare, un modo che unisce alta artigianalità, gusto e talento geniale e che, dopo oltre trent'anni, non cessano di stupire gli spettatori. Bene ha quindi fatto il teatro dell'Opera di Roma a riproporre, invece dell'annunciato zeffirelliano scaligero, questo allestimento del teatro Bellini di Catania (1979), già passato in altri palcoscenici con varie regie, da ultimo alle Muse di Ancona nel gennaio 2005.

Il primo quadro è ambientato in una soffitta dominata da una grande vetrata sulla destra che in parte diventa anche tetto, uno spazio ingombro di ogni genere di oggetti e mobili spaiati, come un negozio di rigattiere; al centro un enorme quadro che sta dipingendo Marcello e che pare dividere l'ambiente in due parti. Per il secondo viene ricreato un esterno, una via di Parigi con sulla sinistra il caffè Momus coi tavolini sul marciapiede. La barriera d'Enfer nel terzo quadro è una cancellata che si apre in un alto muraglione. Nell'ultimo quadro siamo ancora nella soffitta, ma il grande dipinto di Marcello ha lasciato il posto a un cavalletto con sopra una piccola tela. L'ambientazione è contemporanea alla prima dell'opera (1896), considerando la pubblica illuminazione che si vede nella strada parigina, datazione confermata dai bei costumi di Anna Biagiotti. Le luci di Mario De Amicis ci sono parse perfette per creare le atmosfere dei vari ambienti e momenti.

La regia di Marco Gandini si allinea al naturalismo delle scene e dei costumi e segue il libretto in modo chiaro e comprensibile, con molta attenzione alla teatralità dei gesti ed ai posizionamenti sul palcoscenico. L'affollamento del secondo quadro non gli consente molti margini di azione, ma gli altri quadri sono esemplari per nitore della narrazione. Azzeccata l'idea, nel secondo quadro, di far distrarre Alcindoro da Schaunard, Colline e Rodolfo, mentre la sirena Musetta incanta i presenti e Marcello con il suo valzer. I cantanti seguono le indicazioni veristiche della regia con risultati vari; ci è parso particolarmente a suo agio lo Schaunard di Vito Priante.

James Conlon ha, negli ultimi anni, frequentato Wagner con assiduità, eppure dirige un Puccini da manuale e l'orchestra lo segue pedissequamente, ottenendo un risultato di alto livello. Il Maestro ha evidentemente un legame particolare con Bohème e non solo perchè a 12 anni l'ha cantata nella parte del ragazzo che vuole i giocattoli. Il taglio narrativo è ricco di contrasti chiaroscurati; mantiene l'eco delle sontuosità ottocentesche senza tralasciare un realismo sempre denso di poesia. L'attenzione al rigo musicale è massima per sottolineare ogni palpito della partitura, particolarmente evocativa degli stati d'animo e dei fatti narrati con imbattibili morbidezze degli archi. Grande è l'attenzione ai cantanti.
Buona la prova del coro del teatro, preparato da Roberto Gabbiani, e del coro di voci bianche, diretto da Gea Garatti Ansini.

Ramòn Vargas trova i giusti accenti per Rodolfo: la voce è di bel timbro, ben sostenuta e controllata, capace di piegarsi alle esigenze del canto. Hibla Gerzmava è Mimì, voce potente e di bel colore, che rivela qualche asprezza nel registro acuto, peraltro affrontato senza cedimenti; il soprano è parso un po' carente nel legato e nella tornitura del verso, al quale darebbe maggiore risalto una più curata pronuncia dell'italiano. Franco Vassallo è un Marcello che canta benissimo, con voce morbida e importante, curando particolarmente il fraseggio. Patrizia Ciofi mostra il lato maturo di Musetta, vocalmente non sempre al pari degli altri comprimari per i gravi svuotati e gli acuti non svettanti. Vito Priante è Schaunard dalla voce bella ed usata in modo intelligente, unita a una convincente prova attoriale con un look che ricorda alcuni ritratti di Oscar Wilde. Marco Spotti è un Colline dalla voce scurissima. Luca Dall'Amico è un Alcindoro dall'aspetto aitante, non anziano, affrontato con voce piena e corretta e non come la solita, banale macchietta. Matteo Peirone è un divertente Benoit, Giordano Massaro un Parpignol clownesco. Completano il cast Riccardo Coltellacci (doganiere), Giampiero Pippia (sergente) e Francesco Giannelli (venditore ambulante).

Teatro esaurito, moltissimi applausi durante la recita e nel finale da parte di un pubblico locale e internazionale.
La programmazione del teatro dell'Opera prosegue nella rinnovata sede delle terme di Caracalla (platea ampliata e migliorata), dove sono attesi i nuovi allestimenti di Tosca (dal 21 luglio al 10 agosto, 6 recite) e Aida (dal 2 al 9 agosto, 5 recite), per gli amanti della danza Il lago dei cigni (dal 7 al 20 luglio, 6 recite) e l'onnipresente Roberto Bolle and friends (23 luglio) e, raffinatezza d'apertura, la Trilogia romana di Ottorino Respighi affidata al genio visionari della Fura dels Baus (2 luglio).

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