Musical e varietà
LA CANZONE DI NANDA

Pacifica rivolta

Pacifica rivolta
Jesi, teatro Pergolesi, “La canzone di Nanda” di Giulio Casale PACIFICA RIVOLTA Giulio Casale è un unicum nel panorama italiano: rocker, cantautore, attore, scrittore, interprete del teatro-canzone, già giocatore di basket. Il suo esordio in narrativa (“Intanto corro”, Garzanti 2008) mi ha sorpreso felicemente per lo sguardo e il linguaggio. In questi ultimi anni si è proposto come bravissimo interprete di “Polli d'allevamento” di Gaber e Luporini, “Intanto corro” (concerto reading tratto dal suo libro) e “Formidabili quegli anni” (tratto dallo scritto di Mario Capanna, sempre edito da Garzanti). Ora è in turnè con “La canzone di Nanda”, che descrive così nel programma di sala: “Tornare a Nanda, ripartire da Lei, vincere la damnatio memoriae cui sembriamo condannati ai giorni nostri, attraverso la sua vicenda umana e intellettuale, ritrovare origini e senso del nostro presente, col suo stesso entusiasmo, il suo coraggio di donna, la sua curiosità vitale, indomita. Tornare a Nanda come si torna ad amare, lontani un mondo intero dalla mercificazione dei corpi e dei nostri sentimenti, pescare “a caso” dal suo immenso giardino culturale e nel rigore singolare del suo anti-accademismo tornare ad amare tutto, anche la solitudine, anche i guasti, le corruzioni e le contraddizioni, in vista sempre di un amore più grande, per tutti. Come se Fernanda Pivano ci avesse ogni volta cantato una canzone. Il titolo? Pacifica rivolta. Essere altro dall'osceno mondano, semplicemente. Nella tenacia di chi rifiuta l'oggi perchè sente l'infinito, dentro”. Fernanda Pivano (18 luglio 1917 – 18 agosto 2009) è stata saggista, traduttrice, scrittrice e giornalista, soprattutto amica e frequentatrice di più generazioni di scrittori americani. “La canzone di Nanda” ripercorre gli incontri della Pivano attraverso i suoi Diari editi da Bompiani e racconti originali fatti a Casale in anni di frequentazioni, ponendo al centro rimane la letteratura, in particolare quella della Beat Generation, una letteratura che viene vista e presentata contestualizzata, cioè come espressione di una certa società e di un certo momento storico. Casale non è nostalgico, non è documentaristico, non è antologico: è se stesso, in splendida forma. Non propone un omaggio postumo, avendo ideato lo spettacolo insieme alla stessa Pivano prima che lei morisse. Si muove con grande abilità, fisicamente e con le parole. Non racconta la storia della vita o del lavoro di Nanda Pivano, ma traccia un percorso irregolare degli scrittori di cui si è occupata e del mondo che loro hanno raccontato e vissuto. “Nanda dice che la letteratura americana è la prima al mondo ad avere affrontato e scoperto il problema di una nuova civiltà da risolvere”. “Grazie a Hemingway noi italiani abbiamo capito che esistesse l'America autonomamente e non come dependance dell'Inghilterra”. E ancora alla morte di Hemingway: “Dopo di lui il Novecento non è stato più la stessa cosa”. “I giovani che contano nascono in America negli anni Cinquanta, prima contavano solo i vecchi e la loro esperienza”. In quel contesto alcuni giovani sono consumatori, in un momento in cui si comincia a comprare tutto, quando nasce il consumismo in senso proprio, altri invece resistono: sono i “beat”, che Nanda ha capito e raccontato come nessun altro. Quattro cani per la strada: Jack Kerouac (inventore della parola “beat” nel 1948), Gregory Corso (di origini calabresi, muso di bulldog e cuore di barbone), Allen Ginsberg (sfacciatamente omosessuale) e William Borroughs (il più misterioso di tutti). La Nanda non è una ama le mezze misure: un giorno in un juke-box a Nervi ascolta una canzone di De Andrè e ne rimane folgorata. Ebbe poi a dire: “De Andrè è il più grande poeta italiano del Novecento. De Andrè è il Bob Dylan italiano, anzi Bob Dylan è il De Andrè americano”. Nanda considerava Pavese un suo grande maestro. E il riferimento a lui è occasione per parlare di suicidio, degli “angeli con la pelle troppo sottile”, di “grace under pressure”: l'action painting, James Dean e Marilyn Monroe, Morrison, Hendrix, Joplin, David Foster Wallace. Ma anche Luigi Tenco. Quindi Erica Jong: “per lei il femminismo è sempre poco, lei è un centro energetico radiale. Chi sperimenta il sesso, sperimenta la libertà”. “Abbiamo paura di perderci, ma finchè non ci perdiamo non abbiamo speranza di trovarci. Infine gli ultimi incontri con quelli che Nanda definiva “la nuova America”: Breat Easton Ellis e Jay McInerny, un'altra New York rispetto a quella dei “quattro cani per la strada”. Nella nuova America niente ha più importanza, è tutto uguale: l'inferno dei viventi è già qui, lo formiamo noi stando insieme. Ne fai parte e non lo vedi più, oppure cerchi quello che non è e lo fai durare, gli dai spazio. Come diceva Calvino. Solo alla fine il riferimento a Nanda è diretto, commovente: “Nanda era ovunque, anche a novant'anni che continuava a giocare con la vita”. Nanda ha solo guardato, ha solo ascoltato, ma con l'intensità di nessun altro. Lei che non si è mai drogata, lei che era astemia, lei che il sesso sfrenato l'ha solo letto nelle pagine. Partendo dall'ultima immagine, una bambina in bianco e nero con le trecce e una bambola fra le braccia. “La vita non si regola con le repressioni, ma riposa sull'amore e testimonia le nostre diversità. Con la tenacia di chi rifiuta l'oggi perchè sente l'infinito, dentro”. Nanda, instancabile pacifista: “meglio il caos pacifico che l'ordine imposto con la violenza”. Alto, magrissimo, il ciuffo biondo sugli occhi continuamente ricacciato indietro, il palmo della lunga mano sollevato e aperto, la chitarra al collo: Giulio Casale è al meglio, si muove tra uno schermo al plasma e un grande telo per proiettare immagini che a volte si colora di rosso, azzurro, verde chiaro, rosa. Lucio Diana ha costruito immagini video molto evocative e una scena essenziale e giusta; la regia di Gabriele Vacis è calibrata ed attenta ai dettagli. Perfette le musiche e le canzoni, che Casale propone con il suo stile: Jacques Brel, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, Bob Dylan, Woody Guthrie, lo stesso Giulio Casale e altri. Teatro gremito, moltissimi applausi, alla fine un trionfo. E il bis della canzone che chiude, “La fettina di m.”: “Venite, ragazzi, il potere vi chiama, distratti e distrutti, tutt'altro che brutti, volete anche voi abdicare alla gioia, uccidere nel sogno la festa promessa, volete anche voi questa loro fettina di m... Tra videoturisti e troniste e tronisti, sparare cazzate così impunemente, imitare leghisti, ignoranti e razzisti, regnanti su vostre già splendide terre, volendo anche loro la stessa fettina di m...”. In vendita il cd con tutto lo spettacolo dentro. Visto a Jesi (AN), teatro Pergolesi, il 07 marzo 2010 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al India di Roma (RM)