Terminato pochi mesi prima che il suo autore fosse fucilato dai franchisti, La casa di Bernarda Alba completa la trilogia di Federico García Lorca sul ruolo della nella Spagna rurale degli anni Trenta.
Bernarda Alba è una matriarca impietosa e oppressiva che alla morte del secondo marito impone alle quattro figlie di portare il lutto per otto anni, costringendole di fatto a una clausura e a una situazione di immobilità che sfocerà in tragedia.
Prigioniera del proprio ruolo (e di un passato ingrato), la protagonista non ha occhi per guardare oltre le quattro mura e continua la sua danza con gli spettri, rappresentata in modo davvero efficace dalla prima scena, dove tutto il cast si diverte (o meglio, si rifugia ad libitum nel passato, con un amaro senso di nostalgia, ndr) ascoltando in loop Guarda come dondolo, di Edoardo Vianello.
Un dramma familiare
Il cast, quasi tutto al femminile, è dominato dalla figura della madre-padrona Bernarda Alba (interpretata da una vibrante Francesca Mazza) e sullo spietato confronto tra quest’ultima e la serva di casa (Orietta Notari, in un’altra toccante e notevole prova d’attrice dopo Molly Sweeney, ndr.).
Ma il dramma familiare che si sta lentamente consumando ruota soprattutto intorno al personaggio di Lui (Pepe Romano nella versione originale, ndr.), che, in questo allestimento, fa capolino sul palcoscenico in alcuni momenti strategici del testo (interpretato da Riccardo Micheletti, sempre con il volto coperto, come spettro dell’universo maschile che sconvolge i già precari equilibri familiari).
Una famiglia intrappolata nella tradizione
La regia di Leonardo Lidi riprende la visione originaria di García Lorca, ovvero un interno bianchissimo, con pareti spesse, dove un silenzio ombroso grava su una scena deserta, realizzata da Nicolas Bovey.
Un ambiente domestico, paragonabile a un ospedale psichiatrico, nel quale si consuma un conflitto inevitabile tra il peso dell’autorità famigliare e l’incessante ricerca di libertà.
E dove una parvenza di serenità arriva dalla voce di Paola Giannini (Martirio, delatrice della storia d’amore tra Pepe e Adele, la sorella minore, ndr), che prima di alimentare la tragedia, la rende molto simile a uno spettacolo musicale, eseguendo due toccanti versioni di Goodbye Stranger (Supertramp) e Legata a un granello di sabbia (Nico Fidenco).