Nella stagione della Scala particolare interesse ha destato l'inserimento de La cena delle beffe, opera rara di Umberto Giordano su libretto di Sam Benelli: l'opera ebbe la sua prima proprio alla Scala nel 1924 e originariamente è ambientata nella Firenze dei Medici, trasposta con efficacia in questo allestimento negli Stati Uniti di inizio Novecento.
Una grande casa di mattoni a Little Italy: al piano terreno il ristorante corredato di una grande vetrata che dà sulla strada in cui si svolge la cena a base di spaghetti fumanti; al primo piano la camera in cui alloggia Ginevra, munita di scala antincendio e dalla cui finestra occhieggia l’insegna verde al neon dell’hotel; nei sotterranei la cantina ove avviene la tortura di Neri. Un’ambientazione italo-americana anni Venti quella scelta argutamente da Mario Martone per questa sua Cena delle beffe, uno spaccato di machismo e idea di possesso nei confronti delle donne che ben si adatta al libretto di Sem Benelli, libretto che il regista rispetta in ogni dettaglio, pur con i dovuti aggiustamenti. L’idea di una femminilità che solo nella sensualità e nella sessualità trova la propria identificazione pervade qua e là tutta la vicenda e nessuna donna protagonista ne è esclusa, compresa Cintia che, mentre ascolta origliando i commenti di Ginevra e Giannetto sulla loro notte d’amore, si tocca morbosamente nel proprio letto, sentendosi così anch’essa partecipe del fatto. Sarà però proprio una donna a porre l’immaginaria scritta ‘The End’ sul finale di questa narrazione così dinamica e quasi cinematografica delle traversie dei due clan: sarà Lisabetta, infatti, che alla guida dei Chiaramantesi farà strage a suon di mitragliate di tutti i seguaci di Giannetto.
Una regia intelligente quella di Martone, che ben mette in evidenza tutta quella dirompente novità che i personaggi de La cena delle beffe ebbero all’interno del panorama operistico dell’epoca, quasi interpreti di un nuovo mondo privo di ideali e di morale. A corredo del tutto non vanno dimenticate le splendide, al contempo sontuose e raffinatissime, scene curate da Margherita Palli, cui ben si accostano i superbi costumi di Ursula Patzak.
Bravissimo Carlo Rizzi, alla direzione dell’Orchestra del Teatro alla Scala, nel non indulgere in quel sentimentalismo languido tipico della passionalità ottocentesca che, pur presente nella partitura, non è quello che meglio interpreta lo spirito più profondo dell’opera. La sua lettura va oltre e tende a sottolineare, al contrario, tutti gli elementi di novità insiti in uno spartito che da lontano strizza l’occhio a Wagner e dall’altro sottolinea la violenza dell’azione e dei personaggi con armonie vagamente dissonanti. Una direzione sobria, essenziale, vigorosa, straordinariamente incisiva ed efficace.
Marco Berti è un credibilissimo Giannetto dall’acuto sicuro e svettante, dotato di una voce solida e ben timbrata, sempre magistralmente dosata e controllata; convincente l’espressione di una rabbia repressa che esplode in un inevitabile crescendo nel finale in cui davvero egli appare ‘inchiodato al male’. Nicola Alaimo è la perfetta rappresentazione di un Neri coacervo di violenza, baldanza e superficialità: altissima la levatura artistica che gli consente una vera identificazione col personaggio; la voce è piena e possente, l’emissione curatissima. La Ginevra di Kristin Lewis incarna perfettamente la donna oggetto, terreno di caccia per gli uomini che la circondano, una donna che non fa nulla per opporsi a questa situazione, ma la vive quasi come un sinonimo di realizzazione e affermazione della propria bellezza; la prova è tutto sommato buona, ma un poco sotto tono a causa di qualche forzatura in acuto che rende le note alte talvolta un poco stridenti e di una linea di canto non sempre omogenea. Dolcissima la Lisabetta di Jessica Nuccio che ha saputo rendere soavi le poche battute a lei dedicate. Azzeccata e divertente d’altro canto la figura del Dottore interpretato da Bruno De Simone. Buoni tutti i comprimari: Chiara Isotton (Cintia), Leonardo Caimi (Gabriello), Luciano Di Pasquale (Il Tornaquinci), Frano Lufi (Fazio), Giovanni Romeo (Il Calandra), Chiara Tirotta (Laldomine), Federica Lombardi (Fiammetta), Francesco Castoro (Il Trinca), Edoardo Milletti (Lapo).