L’allestimento storico degli anni ’70 di Jean-Pierre Ponnelle della Cenerentola resiste al tempo che passa ed appare ancora oggi un capolavoro, fresco e divertente, conservando immutato il fascino che deriva dal giusto equilibrio di un meccanismo intelligentissimo che ha accentuato l’ironia, il grottesco ed il comico e si rivede sempre con un piacere indicibile: dunque riproporlo ha sempre un senso, non fosse altro che per far vedere a chi non l’ha visto o rivedere (anche per l’ennesima volta) a chi lo ha già visto. Infatti La Cenerentola rossiniana si regge in equilibrio tra elementi disparati, buffi, onirici, poetici, conciliandoli in un’armonia superiore.
Per questo la sua comicità è di tipo particolare: più che dalla satira graffiante delle tradizionali farse all’italiana, il Pesarese trae spunto dalla comicità nascosta nelle situazioni e negli atteggiamenti della vita quotidiana; la realtà è colta attraverso alcuni aspetti anormali o paradossali ed è costantemente filtrata dall’ironia. La musica è il vero elemento unificante, mai greve o banale, anche dove il testo è poco significativo, mostra ritmo vivace, eleganza, fantasia.
Il cast scaligero poi è il massimo, un elenco di specialisti rossiniani. Nessuno è meglio del divino Juan Diego Florez, incantevole nel ruolo di don Ramiro, nonostante una indisposizione annunciata non gli consenta di offrirsi con le consuete generosità e sfrontatezza nell’interpretazione. Ottima è nel ruolo del titolo Joyce Di Donato, vocalità dolce e decisa al tempo stesso e perfetta attrice. Ottimo anche Simone Alaimo nel difficile ruolo di don Magnifico, che riesce a trovare l’equilibrio ideale tra caricatura e realtà, tra personaggio scontroso e al tempo stesso ridicolo, senza dover ricorrere a escamotage di dubbio gusto e sfruttando una vocalità illimitata.
Ottimo anche il Dandini di Alessandro Corbelli, per cui potrei riferire l’identico giudizio di Alaimo, tanto che il loro duetto “Un segreto d’importanza” è memorabile per precisione e brillantezza. Perfette le sorellastre di Jeannette Fischer e Tiziana Tramonti, allegre, vivaci, ciarliere e garrule. Più debole è risultato l’Alidoro di Mark Steven Ross, peraltro deus ex machina della storia, tutore mago che si sostituisce alla più popolare fatina ma a cui l’interprete non riesce a conferire il necessario nobile portamento che indica la sua superiorità morale. Bruno Campanella, vero specialista del repertorio, ha diretto l’ottima orchestra scaligera con mano sicura e tempi perfetti in ogni momento della partitura.