Cenerentola, icona della bontà, sdolcinata eroina delle vessazioni subite, potrebbe apparire come un soggetto su cui più facilmente ricamare la noia, piuttosto che un tourbillon dalla vis comica a tratti sfavillante, eppure nei ventiquattro (!) giorni in cui Gioacchino Rossini compose La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo questo fu il risultato: insieme con le parole scritte da Jacopo Ferretti (ispirate alla Cendrillon di Charles Guillaume Etienne, da cui prende anche i nomi dei personaggi minori), la storia ed il modo di presentarla creano uno spazio sempre pronto ad un incastro o situazione che tutto può suscitare, tranne la noia.
Del resto, i tipi non provengono dalle fiabe quanto dall'Opera buffa, ed anche se la Cenerentola-Angiolina assolve ad una delle sette opere di misericordia quando sfama l'Alidoro in incognito, si resta sempre in quella giocosità propria ed originaria che fu la motivazione stessa dell'opera, commissionata per debuttare nel giorno di Carnevale al teatro Valle di Roma.
Da Lucca a Trapani
L'allestimento proposto nella 69ª edizione del Luglio Musicale Trapanese diretto da Giovanni De Santis, è senza dubbio una di quelle che meglio riassumono ed impreziosiscono questi tratti del gioiello rossiniano, che per diversi anni fu famoso anche più del Barbiere: la coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca consente di ereditare un corpus artisticamente prodigioso, a partire dai contributi del compianto Lele Luzzati nella progettazione/illustrazione e nelle sete e broccati avvolgenti dei costumi dell'edizione del 1978, ora restaurati dalla stessa Sartoria Cerratelli.
Giochi, colori, atmosfere
Decisamente in tono anche l'atmosfera: strutture di legno adornate con tromp l'oeil, quinte mobili che si “sfogliano”, scatole di carta che si trasformano in carrozze, movimento continuo, e soprattutto una visione d'insieme di grande gusto: non solo bellissimi colori, insomma, ma soprattutto sapiente accostamento dei cromatismi.
In una parola, la Regia (di Aldo Tarabella), che in questa rappresentazione fa sentire tutto il suo peso con mano esemplare, raggiungendo simbolicamente l'apice nel momento in cui crea un commovente "fermo" capace di creare un alto senso drammatico all'interno del melodramma giocoso: Cenerentola si sente rinnegare come figlia per l'ennesima volta da da Don Magnifico, che nel rispondere "Altezza sì" la dichiara morta e strappa le carte della prova della sua presunta paternità, trovando proprio Cenerentola, che si era inginocchiata davanti a lui, a raccoglierne i pezzi che mesti cadono per l'aria.
Altre note positive sono nei movimenti accurati e pensati con molta appropriatezza negli assieme (uno fra tutti, l'ottimo "Del volto estatico") ed un coro (diretto da Fabio Modica) che oltre alla precisione, anche scenicamente si muove sempre con circospezione ed allo stesso tempo con decisione.
Ri-Viva il virtuosismo!
Fra le voci, che onorano con sicurezza le atmosfere armoniche rossiniane intrise di virtuosismi a volte serrati, per dono di scrittura ed interpretazione risaltano personaggi maschili come lo scudiero Dandini (Pablo Ruiz) e soprattutto Don Magnifico (Vincenzo Nizzardo): disegnati con generosità dalla partitura, qui mantengono le promesse, come nel magnifico duetto del secondo atto “Un segreto d'importanza”; la Cenerentola di Paola Gardina è anch'essa a suo agio nel repertorio, ed è interessante anche seguire la differenza di piglio nel duetto con Don Ramiro (un Enrico Iviglia sicuro e molto espressivo), quando Cenerentola si appoggia all'orchestra mentre il Principe tende quasi a trascinarla con sé; l'orchestra, infatti, soprattutto all'inizio ed almeno fino al primo duetto, ha risentito di una certa difficoltà conseguente alle inclemenze atmosferiche (vantaggi e svantaggi di un teatro concepito come spazio all'aperto), con un tempo di abbrivio che ha raggiunto il migliore livello di integrazione dopo il primo duetto.
Ottimo anche il gioco affidato ai due elementi su cui poggia lo spirito dell'opera: Clorinda (Paola Santucci) e Tisbe (Isabel De Paoli) sono viziate e immature al punto giusto, con la seconda che si distingue anche per una originale e riuscita interpretazione della parte su registri inconsueti ma molto efficaci.
Elementi che consentono di porre l'accento anche sul lavoro della compagnia sulle caratterizzazioni: in una occasione fra le più adeguate, per trama e spirito, come è La Cenerentola, far emergere capacità attoriali interpretative così chiare è senza dubbio un merito sia registico, sia personale.
Un nodo sviluppato
...ma quanto deve essersi divertito, Rossini, a lavorare sulle straordinarie allitterazioni del magnifico sestetto "Questo è un nodo avviluppato..."? Un crescendo concettuale, in questo caso, ovvero dell'intera scrittura per giungere a questo risultato: meccanismi come la ripetizione dei fonemi accentuati nel corpo delle parole, la ripetizione di una consonante secca come la R e l'esasperata accentuazione, creano un parallelismo fonico originalissimo che incide finanche sul loro stesso senso, e qui Tarabella decide di fermarsi un attimo, alzare la mano dal palcoscenico, e lasciare che tutto il movimento provenga da un motore già di per sé perfetto, con i sei personaggi/strumenti allineati, come le canne di un organo.