Nel 1953 Anna Maria Ortese pubblicò Il mare non bagna Napoli, raccolta di racconti che descrivono in modo disincantato ma poetico il capoluogo partenopeo del dopoguerra; una città devastata alla ricerca di una nuova identità e forse di una rinascita.
Dopo sessant'anni il romanzo della Ortese arriva a teatro grazie al progetto voluto e realizzato dal direttore del Mercadante Luca De Fusco, 5 registi hanno scelto 5 racconti da allestire nella sala del Ridotto: scene essenziali e unitarietà dei collaboratori - la costumista e il light designer - Zaira De Vincentiis e Gigi Saccomandi lavorano a tutte le messinscene.
Antonella Monetti dirige e interpreta il quarto racconto: La città involontaria, la Napoli dei Granili, la zona che dal porto aggancia i primi sobborghi vesuviani; una zona putrefatta, abbandonata a sé stessa, che si crogiola in un' "inerzia sconsolata". La Monetti - in un monologo lungo circa 55 minuti e avvolta in un castigato vestito color pastello, racconta questa Napoli disperata, povera, misera, ove non vi si crede più nella possibilità di emozionarsi ancora - e lo fa con devozione e bravura, alternando una pulitissima lingua italiana a un verace dialetto, passando per brevi interpretazioni canore. Pareti decadenti e un paio di tende appese costituiscono l'intera scenografia, ma la città la si riesce comunque a vedere soprattutto grazie a un sapientissimo utilizzo delle luci. Per quasi mezz'ora la scena è a stento illuminata, l'occhio di bue segue l'attrice, trasformandosi poi in punti luce, e ancora in fasci di luce per divenire luce piena solo sul finire della messinscena. Le azioni, i gesti le luci sono accompagnate dalle musiche di Ciro Riccardi (tromba) e Michelangelo Severgnini (contrabbasso), i quali eseguono dal vivo la settecentesca Medea di Anton Jiri Benda. Sulla scena vi è anche un danzatore Antonio Vitale, piuttosto agé, che rappresenta con i suoi brevi balletti il futuro già segnato dei bambini napoletani, bambini già adulti. In realtà il suo corpo decadente e flaccido diviene anche il simbolo di una Napoli in declino e ormai scoraggiata. Ingiustificate e volgari le seppur brevi scene di nudo, nonché la scena finale evocante una fellatio.
Il potere della parola è però più forte e allo spettatore non resta che fare i conti con la Napoli di ieri e di oggi fatta di "lamenti, stupore, lutto, inerte orrore di vivere".
Visto il
26-02-2013
al
Mercadante - sala Ridotto
di Napoli
(NA)