La sede storica del Piccolo Teatro in via Rovello ospita, fino al 26 febbraio 2011, il nuovo lavoro a debutto nazionale diretto da Luca Ronconi, La compagnia degli uomini di Edward Bond, autore contemporaneo e londinese. Il regista utilizza un palcoscenico scarno, così da lasciare in vista i muri con gli attacchi luce e i cavi; i cambi di scena avvengono a sipario aperto e sono eseguiti da giovani in abiti scuro e con le cuffie in testa. Ma forse è una precisa scelta quella di rendere irreale l’intera vicenda, che di per sè potrebbe apparire verosimile. La trama consiste in uomini d’affari di più generazioni dove un vecchio imprenditore, interpretato da un grandioso Gianrico Tedeschi che letteralmente ‘illumina’ il palcoscenico a ogni sua apparizione; il figlio, illegittimo e inadeguato come potrebbe essere qualsiasi figlio naturale rispetto a un padre di enorme successo. E i collaboratori, vere serpi in seno che, fingendosi fedelissimi, in realtà tramano alle spalle del loro capo, si fanno corrompere e vendono alla concorrenza informazioni di vitale utilità per far loro compiere scalate finanziarie e peggio ancora.
La traduzione dall’inglese di Franco Quadri e Pietro Faiella calza coi toni, per quanto faccia perdere alcune battute allusive che solo i britannici possono comprendere nella loro lingua. Gli attori, Riccardo Bini, Giovanni Crippa, Marco Foschi, Paolo Pierobon, Carlo Valli e Gianrico Tedeschi, rendono interessante la piéce fin dal principio, quando Oldfield, un grande industriale e fabbricante d’armi, Dodds, l'uomo di fiducia in realtà infido e manipolatore, Hammond, un costruttore di macchinari agricoli, Bartley, un cameriere ambiguo, Wilbraham, un terzo industriale sulla via del fallimento e dell'alcolismo, predispongono senza mezzi termini il gioco al massacro tra padre e figlio, che è anche una lotta senza quartiere tra uomini d'affari senza scrupoli sullo sfondo di un'economia malata e corrotta. Sia Bond sia Ronconi esprimono sentimenti oscuri, meccanismi morbosi e situazioni di allarmante attualità.
"Insisto a definire questo testo una commedia” ha dichiarato Luca Ronconi, “perché tale è, così come è un dramma inconfutabilmente odierno. Se certi caratteri, penso alla figura quasi clownesca del cameriere, paiono ripresi dal dramma elisabettiano, viceversa gli umori sono totalmente contemporanei". Le tinte fosche non impediscono imprevisti momenti di umorismo a denti stretti, specialmente grazie alle battute migliori, quasi tutte sulla bocca dell’immenso, per quanto rimpicciolito fisicamente, Gianrico Tedeschi, quando esclama: “Un fabbricante di armi non ha bisogno di amici. Servono nemici...”. Ma anche: “Gli uomini rendono vere le loro peggiori paure e le chiamano fato”. Pure il servo Bartley uscirà con una battuta sulfurea, di fronte al giovane padroncino che ha malamente tentato di tagliarsi le vene, senza riuscirvi per davvero: “Io vi odio, suicidi dilettanti!”. Oppure il modo in cui viene descritto il segretario traditore: “Ti farebbe pagare il noleggio del coltello che poi ti infila nella schiena”. Nessuna riverenza per l’avidità: “E’ andato all’inferno, puntando dritto alla presidenza”... Opera forse po’ lunga, ma è pur sempre Ronconi a dirigere.