Fare uno spettacolo su Vaslav Nijinsky (1890-1950), il ...luogo comune dell'immaginario collettivo sulla danza, può essere assai pericoloso. Si rischia di assecondare la visione romantica di un giovane danzatore la cui malattia mentale ha strappato dalle scene a nemmeno 30 anni, la curiosità pruriginosa del privato di un ragazzo che amava gli uomini E le donne, omettendo o amplificando questo o quel particolare per dimostrare una propria tesi sulla danza, sull'omosessualità, sulla malattia mentale.
Michele Suozzo con il suo La danza nelle tenebre è riuscito invece a restituire con rispetto, cultura ed equilibrio una lettura del diario che Nijinskj scrisse nel giro di tre mesi tra il 1918 e il 1919 mentre si trovava in Svizzera con la moglie e la figlia, dando vita a un testo caotico e febbrile, proprio nel momento in cui stava profondando nelle tenebre della pazzia, come si legge nelle note di regia. Forte di una conoscenza profonda della danza, del periodo storico e dei personaggi che Nijinskj nomina nel suo testo impropriamente chiamato "Diario" come ci ricorda nelle già citate note, Suozzo mette in scena Nijinsky offrendolo allo sguardo del pubblico senza pregiudizi né stereotipi, mostrandone il corpo e l'anima così come il ballerino li ha riversati nel suo diario.
In una scena splendida (di Dario Dato) nera e spoglia, con una quinta che si rivela essere uno prisma triangolare che contiene uno specchio (una elegante rielaborazione mobile dei periacti del teatro greco) che danza intorno a lui, ora offrendosi come specchio per l'artista ora come superficie nella quale anche il pubblico può guardarsi e riflettere, Nijinskj si muove sul palco con l'attitudine del danzatore che sa di essere unico nel suo campo, indulgendo nel proprio delirio di grandezza alternando idiosincrasie (il disgusto per la carne, per amore degli animali) a dimostrazioni varie di un affetto panico che riversa su tutto il creato e sulle persone, dall'amatoodiato impresario teatrale Diaghilev, che ne fu mentore e amante, all'amata e odiata moglie (la quale provvederà a espungere dalla prima edizione dei diari le parti in cui Nijinskj parla apertamente della propria bisessualità).
Sostenuto da un impianto luci che sa sottolineare emozioni e stati d'animo del personaggio con una precisione e un'eleganza rare, Suozzo tesse un canto del cigno dell'uomo e dell'artista in tre riprese in ognuna delle quali Nijinskj appare sempre meno vestito di quell'habitus, teatrale (la biacca e il costume di scena di Shéhérazade della prima parte) e sociale, il vestito borghese della seconda parte, fino a farlo rimanere simbolicamente nudo (un nudo teatrale, con lo slip color carne) quando si abbandona alla morte, non quella fisica, ancora lungi dall'arrivare, ma quella artistica: Nijisnki non danzerà più.
Suozzo opera una scelta dei materiali del diario dando la misura di una fama meritata, costruendo il personaggio con un'aura di mistero (che nella lettura completa dei diari appare meno tale) sostenuta da una partitura musicale straniante, eseguita in scena dai due clarinettisti Roberto Petrocchi e Alessandro Petrucci, tratta da Stravinsky (selta tra le composizioni scritte nello stesso periodo in cui Nijinskj scrive il suo diario).
Una cura per ogni dettaglio che è rimarchevole anche nella direzione di Michele Cesari che incarna Nijsinskji magnificamente con una postura e un linguaggio del corpo invidiabili e credibilissimi sui quali l'attore ha lavorato con meticolosa cura cercando in sé una vibrazione dei muscoli e un portamento che non gli appartengono naturalmente (al punto tale che visto fuori dalla scena si stenta a riconoscere in quel ragazzo solare e garrulo lo ieratico e ferino personaggio che porta in scena) e che ha fatto suoi con l'intelligenza della propria recitazione.
In scena solamente fino a domenica prossima, La danza nelle tenebre è un fiore all'occhiello per la piazza romana, uno spettacolo che vi consigliamo di non perdere.