Liberamente ispirato al trattato di Alexis de Tocqueville, il nuovo visionario lavoro di Romeo Castellucci vede in scena sei attrici/perfomer più 12 danzatrici “locali”, le creazioni sonore di Scott Gibbons e i testi densi, profondi e a tratti ironici firmati dai fratelli Castellucci, Claudia e Romeo.
La democrazia in America secondo Tocqueville
Nel 1835 per la prima volta un europeo, Alexis de Tocqueville, distoglie lo sguardo dal modello politico di Atene e assiste alla nascita degli Stati Uniti d’America, nel momento della genesi di una nuova Democrazia, dal seme dei principi puritani e dell’eguaglianza degli individui: in essa tramonta l’esperienza della “tragedia come forma di coscienza e conoscenza politica dell’essere”. Secondo Tocqueville la democrazia in America aveva alcune potenziali debolezze: il dispotismo popolare, la tirannia della maggioranza, l'assenza di libertà intellettuale, ciò che gli sembra degradare l'amministrazione e favorire il crollo della politica pubblica di assistenza ai più deboli, dell'educazione e delle lettere.
“Il dialogo dei puritani” VS “Il dialogo degli indiani”
L’opera di de Tocqueville ha una duplice valenza: racconta e analizza alcuni eventi fondamentali della neonata democrazia americana cogliendone l’intima natura e rappresenta la metafora attraverso cui poter parlare della Francia e della modernità in senso lato. Il primo aspetto si esplica nei continui riferimenti al linguaggio biblico e in quei corpi che costituiscono una sorta di “coro greco” che apre lo spettacolo: sono la “società in continuo movimento” descritta da Tocqueville. La funzione di “metafora” è invece esplicata nell’ambiguo gioco di parole iniziale che sottolinea come il libro sia un pretesto per parlare di democrazia nel suo complesso, mostrandone limiti e contraddizioni.
In linea con lo spirito di Tocqueville è anche la divisione dello spettacolo in due parti: la prima parte, “il dialogo dei puritani”, con il bassorilievo di sfondo a rappresentare la cultura occidentale e la sua duplicità e la seconda parte, “il dialogo degli indiani”, a rappresentare l’altra America, quella che è stata vittima della “civiltà”, distrutta da essa.
Una riflessione politica, non uno spettacolo politico
Democracy in America è una riflessione sulla politica: una lettura acuta e profonda dell’opera di de Tocqueville, che ne coglie il senso intrinseco e il significato intimo. Nell’opera di Castellucci non vi è un carattere politico in senso didascalico, ma si possono cogliere riferimenti alla situazione attuale, soprattutto nella prima parte, dove l’attenzione è posta su una religione repressiva e bigotta, al limite della superstizione e del ridicolo: in alcuni passaggi si potrebbe addirittura leggere una critica a quel genere di cristianesimo chiuso e fondato sulla paura che ispira la destra americana attualmente al governo. Il testo abbraccia la sua vocazione politica nella sua lettura dell’America come specchio della democrazia moderna occidentale: un tentativo di indagare e analizzare l’anatomia della democrazia e della violenza che la attraversa e la caratterizza ancora oggi.
Le risposte rendano saggi (forse), ma le domande rendono umani
In questa creazione è difficile trovare la forza visionaria e innovativa dei precedenti lavori di Castellucci, la potenza e la suggestione delle immagini che siamo soliti associare alla sua cifra stilistica. L’incontro tra il regista romagnolo e il saggio francese crea una visionaria riflessione su necessario ed oscuro, teatro e democrazia: all’interno della struttura narrativa si trovano una partitura drammaturgia fatta di tracce audio, recitazione in più lingue, canti e inni, videoproiezioni di note esplicative, che sottolineano le molteplici possibilità del linguaggio, ma allo stesso tempo lo svuotano di significati accessibili e comprensibili. Questo lavoro è uno spettacolo complesso, a tratti ostico, che presuppone un pubblico colto e preparato, che spesso mette in difficoltà, confonde e instilla dubbi…ma forse è proprio questo il suo scopo: non fornire risposte, non dare certezze, ma mettere in discussione, destabilizzare, porre con insistenza domande - sperando che siano quelle giuste.