Lirica
LA DIRINDINA

Corridonia (MC), teatro Vellu…

Corridonia (MC), teatro Vellu…
Corridonia (MC), teatro Velluti, “La Dirindina” di Domenico Scarlatti LA SERVA PROTAGONISTA Notevole è il rilievo della produzione teatrale di Domenico Scarlatti, anche se la sua fama è soprattutto affidata alla musica per clavicembalo, nella quale si afferma come vero e proprio creatore di uno stile. Il corpus è di circa 15 opere, tutte di argomento classico tranne Ambleto (1715), prima versione musicale della tragedia shakespeariana. In quegli anni diviene popolare l’intermezzo o “intermedio”, un bozzetto di natura comica da inserire negli intervalli di un’opera seria, spesso di intento moraleggiante, poi resosi autonomo: celeberrimo è “La serva padrona” di Pergolesi. La farsetta “La Dirindina”, scritta per gli intervalli dell’Ambleto, è una pagina importante per la storia dell’intermezzo, anche se in realtà alla prima esecuzione viene sostituita da una di argomento pastorale, in quanto giudicata troppo “spinta”. Non c’è una vera e propria trama ma una sequenza di quadri: la realtà viene osservata attraverso una lente deformante che ritrae e mette alla berlina atteggiamenti sociali dominanti. Come la maggior parte degli intermezzi napoletani del Settecento, la protagonista è una giovane e scaltra ragazza di umili origini che cerca di acquisire una posizione sociale di maggior prestigio e di realizzare i propri progetti amorosi. Mentre nei melodrammi seri le servette si limitavano a raccogliere le confidenze delle padrone, negli intermezzi divengono protagoniste, utilizzando in maniera caricaturale i vezzi delle nobildonne. Lo sguardo del compositore e del librettista Gerolamo Gigli si appunta contro il mondo perbenista e bacchettone della buona società dell’epoca, personificata in Don Carissimo, evidenziando per contrasto la figura ambigua sessualmente di Liscione intorno all’arrivismo della poco dotata allieva di canto Dirindina. Ovviamente non può mancare l’equivoco che apre la strada al gran finale, divertente e movimentato. Stefania Donzelli è una spiritosa Dirindina, interprete dell’aria più celebre, “A un amante quando è cotto”; Lucio Mauti è un ottuso Don Carissimo; sorprendente la voce sopranile di Marco Di Nicola, l’ambiguo castrato Liscione, la cui esilarante battuta “fermo che son cappone” la dice lunga sull’ironia dell’intermezzo (perché non si è sostituita la battuta “eh! Farinelli” con “eh! Velluti” a cui il teatro di Corridonia è dedicato?). La posizione dei musicisti e del direttore è poco felice in questo teatro, poiché sono sistemati allo stesso livello delle poltrone di platea e a ridosso di queste, tanto da togliere visibilità a molti spettatori ed il suono non è bilanciato con il palco. David Taglioni sostituisce alla guida dell’orchestra dell’Accademia della Libellula la fondatrice Cinzia Pennesi, direttore artistico della rassegna Opera Aperta di cui fa parte questa rappresentazione. Convenzionale la regia di Gianni Gualdoni, limitata al mero bozzettismo. Costumi storici accurati realizzati dalla sartoria Arianna. È parsa poco opportuna l’idea di far precedere la rappresentazione da una presentazione e guida all’ascolto, nonostante l’interesse della relazione introduttiva di Andrea Foresi, che ha fatto ascoltare estratti dalla più famosa edizione della Dirindina, quella del 1968, quando fu ritrovata la partitura (direttore Riccardo Muti, protagonisti Sesto Bruscantini ed Emilia Gravaglia). Forse bisognava trovare un altro momento, separato dalla rappresentazione, per approfondire gli argomenti trattati. Diversi posti vuoti a teatro, pubblico all’inizio sorpreso, poi plaudente. Altra replica a Tolentino, nelle Sale Napoleoniche di Palazzo Parisani Bezzi, domenica 09 novembre alle ore 18. Visto a Corridonia (MC), teatro Velluti, il 1° novembre 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Nicola Vaccaj di Tolentino (MC)