“Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, scriveva L.Tolstoj e la famiglia e le sue dinamiche intestine sono l’oggetto di analisi e di “ricerca antropologica” al centro de La Famiglia Campione, spettacolo della compagnia toscana Gli Omini, messo in scena lo scorso 13 febbraio all’ITC Teatro di San Lazzaro.
La compagnia è nata nel 2006 con l’obiettivo di far nascere il teatro dalle persone: il loro è un teatro che nasce e si sviluppa tra la gente e con la gente, nelle strade, nelle botteghe, nelle piazze dei paesi e dei quartieri.
La loro formula teatrale è costituita da un metodo di raccolta “sul campo” che coniuga l’indagine antropologica basata sull’osservazione del quotidiano, e la ricerca drammaturgica - rielaborando frasi, episodi e racconti e trasformandoli in uno spettacolo teatrale da mettere in scena.
Infatti il loro metodo di lavoro si avvale di una vera e propria impostazione “scientifica”: scelgono un luogo (di solito un piccolo comune di provincia), vi risiedono per un periodo di tempo, si immergono nella vita del posto, mescolandosi ai locali e alle loro vite, alle loro storie, intervistano anziani, bambini, persone comuni, sbobinano tutto il materiale registrato e lo rielaborano drammaturgicamente fino alla stesura di una sorta di canovaccio che vive una vita in “work in progress”, è sempre aperto al cambiamento e alle modifiche - riportano le storie raccolte durante le interviste sul palco, descrivendo e raccontando così i borghi, i paesini e i piccoli comuni attraverso le voci della popolazione locale, con un taglio giornalistico e di analisi sociologica e storico-analitica.
Gli Omini, originariamente formati da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini e Riccardo Goretti - che ora conduce un proprio progetto artistico autonomo, a cui si è aggiunta Giulia Zacchini, sono un collettivo di talentuosi attori toscani dalla vocazione itinerante: il loro metodo di analisi e ricerca sul campo unito a una scrittura sapiente e originale, alla capacità di creare strutture drammaturgiche e sceniche credibili ed efficaci e a un forte affiatamento, a una evidente complicità e a una potente intesa li ha resi un fenomeno unico nel loro genere.
Quella degli Omini è infatti una realtà per certi versi “eccezionale” nel panorama teatrale contemporaneo: una formazione corale che non si limita a sommare le diverse competenze artistiche e capacità creative dei singoli componenti, ma le mette in relazione tra di loro, facendole interagire e moltiplicandole in maniera esponenziale. Al centro dello loro modus operandi c’è sempre l’essere umano, l’attore, la parola, l’essere in senso lato.
La famiglia Campione è frutto di un lavoro di ricerca durato più di un anno, esito finale del progetto d'indagine Capolino, nato nel 2012 e rivolto al coinvolgimento di giovani tra i 16 e i 35 anni. Il progetto ha girato per un anno e mezzo portando in scena più di ottanta ragazzi dai 15 ai 30 anni, con una drammaturgia in continuo cambiamento. Da questa vasto e variegato lavoro “famigliare” e collettivo in itinere è nata nel 2014 La famiglia Campione, spettacolo prodotto in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola e il sostegno della Regione Toscana.
I dieci personaggi interpretati e creati da Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini sono uno specchio attraverso cui guardare il mondo e guardarsi, magari mettendosi in discussione, facendo un po’ di autocritica – che non guasta mai: il loro è uno sguardo sincero, disincantato e ironico nei confronti della realtà, non giudicano, semplicemente prendono atto e ci mostrano chi siamo, senza falsi pudori, ma con schiettezza, onestà e sano sarcasmo.
I loro personaggi sono malinconici, indecisi, irrisolti, complicati, goffi, disperati, esilaranti, frustrati, spaventati, cinici, sono veri, reali e credibili: la loro recitazione è concreta, senza sbavature, precisa e misurata, supportata da una comicità acuta, tagliente e corrosiva. Fanno sorridere, ridere di gusto, fanno riflettere, un’ora con loro è come una seduta di autoanalisi: intensa e liberatoria.
Tre attori per dieci personaggi, dieci umanità che prendono vita sotto gli occhi del pubblico: personaggi differenti entrano ed escono di scena con voci, tic e posture diverse, i cambi di abbigliamento per diventare un nuovo personaggio avvengono a vista, di schiena, su due panchine.
Gli Omini hanno la capacità di individuare e riprodurre alcuni tratti unici per ciascun personaggio, arricchendo la narrazione e dandogli molteplici sfaccettature.
I loro personaggi non vivono, si limitano a sopravvivere, a far passare il tempo all’interno di una casa-rifugio che con le sue apparenti sicurezze li sta seppellendo vivi: sono così distaccati, anaffettivi - sembra quasi che non provino alcun sentimento, sono come anestetizzati dalla vita, logorati da essa, legati a doppio filo tra loro da legami famigliari fin troppo stretti e asfissianti, in fondo sono solo un insieme di chiacchiere su luoghi comuni, banalità e detti popolari. Gli Omini sono degli “artigiani” del teatro e della parola, esploratori della quotidianità e del lessico comune famigliare.
La famiglia Campione è una serie di istantanee di vita, una sorta di cartina di tornasole della nostra contemporaneità, una piccola bottega degli “orrori quotidiani” che si innescano in una famiglia qualsiasi: le dinamiche di cui si fanno portavoce gli Omini sono dinamiche fin troppo note e conosciute, a cui loro danno un volto e una vita; gli Omini arrivano alla gente perché la gente si riconosce nelle battute, nei gesti e nelle movenze degli attori, che derivano dalla normale e comune vita quotidiana, dai luoghi comuni, modi di dire, tic e tormentoni propri delle conversazioni di ogni giorno.
In un certo senso gli Omini si fanno testimoni del tempo presente, hanno deciso di stare in mezzo alla persone e di fare un teatro per le persone e con le persone, perché il loro interesse è l’uomo, l’essere umano e perché come affermano, in fondo “Siamo tutti soli, tutti diversi, in una parola tutti Omini”.
Il teatro degli Omini è un teatro che non può essere ridotto a definizioni o etichette, è un teatro fuori dagli schemi, il loro è un lavoro di indagine, ma allo stesso tempo ha una vocazione popolare e ricercata, vicino al linguaggio comune: loro prendono la quotidianità e la rielaborano, la trasformano in arte.
Assistere a La famiglia Campione è come spiare attraverso il buco della serratura la vita dei tuoi vicini, è come origliare le conversazioni del tuo dirimpettaio: è qualcosa che non ti riguarda direttamente, ma in fondo ti appartiene, sono quelle situazioni crude, brutalmente famigliari e quotidiane in cui non vogliamo riconoscerci.
Lo spettacolo è un crudele ritratto del comune modello famigliare della provincia italiana, è uno spaccato della società di oggi dove si sono persi i punti di riferimento, dove ci si affanna alla ricerca di non si sa bene cosa e si attende una svolta, un cambiamento che non arriva, si è vittime più o meno consapevoli della rassegnazione - che può assumere caratteri diversi, può essere quieta, rabbiosa, insofferente, ma resta pur sempre rassegnazione.
La famiglia Campione è teatro, ma è anche vita, è una giornata qualsiasi in una casa qualsiasi, in una famiglia qualsiasi - “campione” appunto, fatta di discussioni, rancori, progetti, recriminazioni, confessioni, sfoghi, litigi, colpi bassi e coltellate alla schiena.
Uno spettacolo scritto in maniera intelligente, con feroce sensibilità e pungente sarcasmo, recitato egregiamente con disarmante verità e acuta ironia, in grado di restituire sapientemente uno spaccato di realtà quotidiana che in un modo o nell’altro non ci è così estraneo.
Gli Omini non recitano, ma danno vita e forma alla realtà che indagano, ne sono i portavoce, mai artificiosi sempre sinceri e diretti, convincono senza fatica. I dialoghi hanno ritmo e mordente, la scena è essenziale e minimalista, tutto è funzionale alla storia che viene raccontata: una storia comune a tutti, un giorno feriale qualsiasi all’interno di una famiglia qualsiasi, delle dinamiche di vita sempre uguali a se stesse che si ripetono giorno dopo giorno, di generazione in generazione, di casa in casa ora e per sempre. Una storia dolce e amara, tenera e crudele allo stesso tempo, triste ma terribilmente comica e grottesca: è solo una di tante storie, che non appartiene a nessuno in particolare, ma in fondo è un po’la storia di tutti.