Lirica
LA FANCIULLA DEL WEST

Roma, teatro dell'Opera, “La …

Roma, teatro dell'Opera, “La …
Roma, teatro dell'Opera, “La fanciulla del west” di Giacomo Puccini UN'OTTIMA FANCIULLA NEL SALOON Nell'anno pucciniano l'Opera di Roma ha inaugurato la stagione con “Tosca” (che il 14 gennaio 1900 debuttò al Costanzi), proseguendo con “La fanciulla del West” che, dopo la prima assoluta al Metropolitan nel dicembre 1910, proprio al Costanzi ebbe la sua prima italiana pochi mesi dopo. Puccini da anni aspirava ad un profondo rinnovamento dello stile, tenendo presenti le nuove esperienze armoniche, specie di Debussy e Strauss, anche se il suo linguaggio rimane sempre fedele a se stesso. La fanciulla appartiene, come Tosca, al filone verista, con forti contrasti passionali qui esaltati dall'avventura. Il classico scontro all'interno di un triangolo amoroso ha come contorno la folla dei minatori e come sfondo il golden west, l'epopea americana, l'incarnazione del sogno di arricchirsi dopo immani sacrifici, la malinconia degli affetti lontani. I temi musicali preannunciano i commenti musicali dei film western, invero ancora lontani a venire. Con la Fanciulla Puccini entra nella fase della piena maturità; il modello adottato per le opere precedenti viene sottoposto a una radicale revisione: il canto abbandona quasi completamente le forme strofiche e inclina verso il parlato; l'orchestra istituisce con le parti vocali un rapporto complesso. Alcune pagine musicali sembrano una colonna sonora, ma la storia rimane fragile e il libretto mediocre. L'allestimento di Giancarlo Del Monaco è eccellente. La scena è ricca di particolari che consentono alla regia di mettere in piedi una narrazione scorrevole ed efficace. Splendido il saloon del primo atto con l'apertura sullo sfondo (si vede l'arrivo di Dick a cavallo) e un lungo balcone che domina sopra il bancone di mescita: non manca nulla, il ritratto di Lincoln, la bandiera americana, i manifesti “wanted”, la testa di un alce. Il bancone è il fulcro dell'azione: Minnie lava e sistema i bicchieri conversando con i minatori e lo sceriffo; il barile dell'oro è nascosto sotto di esso dietro uno sportello segreto; barriera e al tempo stesso luogo di lavoro, è insomma il regno e il rifugio di Minnie. Splendido anche il secondo atto, con la capanna di lato isolata in mezzo a uno slargo tra gli alberi sullo sfondo delle montagne, mentre è in corso una tormenta (per tutto l'atto non smette mai di nevicare e ogni tanto il rumore del vento è forte). Splendido infine e molto cinematografico il terzo atto, con una strada di quelle classiche degli western e un cielo livido sullo sfondo, con un balcone sfondato adibito a palco per l'impiccagione. La strada affollata si svuoterà alla fine, lasciando Rance da solo con il fischio del vento. Appropriati i costumi, completi di stivaloni, frange, cinturoni, cappelli. Ottime le luci. Non di contorno i frequenti spari, di pistole e di fucili; diversi cavalli (veri) vanno avanti e indietro. E su veri cavalli fanno il loro ingresso in scena anche Minnie e Dick, rispettivamente Daniela Dessì e Fabio Armiliato, entrambi in gran forma e adeguati al ruolo vocale e attoriale, con una omogeneità di canto che nell'amalgama in perfetto affiatamento ha incollato alle poltrone gli spettatori. In particolare la Dessì, interprete di riferimento per la temibile tessitura, padroneggiata con grande abilità e temperamento; il fraseggio è nitido e musicale; notevolissima la capacità di curare gli accenti e rendere al meglio la gamma di sentimenti di questa eroina insolita che si staglia sullo sfondo di un ambiente duro ed amaro, uscendone vittoriosa alla fine di una storia di amore e di redenzione. Nel ruolo dello sceriffo non ha brillato un rude Silvano Carroli, presenza scenica scontata, voce stanca e oscillante nel vibrato; nell'intervallo tra secondo e terzo atto è stato premiato con una medaglia del Comune di Roma per i suoi settant'anni di età e quarantacinque di carriera, tra applausi scroscianti. Molto bene il resto del cast, Aldo Orsolini (Nick), Francesco Facini (Ashby), Massimiliano Gagliardo (Sonora), Patrizio Saudelli (Trin), Danilo Serraiocco (Sid), Roberto Accurso (Bello), Mario Bolognesi (Harry), Claudio Barbieri (Joe), Alberto Noli (happy), Armando Caforio (Larkens), Reda El-Wakil (Billy Jackrabbit), Antonella Costantini (Wowkle), Mario Bellanova (Jack Wallace), Francesco Musinu (Josè Castro), Vinicio Cecere (un postiglione). Il maestro Gianluigi Gelmetti ha condotto con buon mestiere l'Orchestra del teatro, non sottolineando però gli aspetti più accidentati della partitura e privilegiando toni lirici; il coro, qui solo maschile, è stato preparato da Andrea Giorgi. Pubblico latitante, troppi posti vuoti in platea e nei palchi centrali: i presenti hanno apprezzato lo spettacolo e molto applaudito, soprattutto i cantanti e il direttore. Un consiglio: se siete seduti in platea e avete ombrello, cappotto e borsa, riempite il portafoglio, perchè il guardaroba vi costerà una fortuna. Visto a Roma, teatro dell'Opera, il 15 aprile 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
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