Lirica
LA FANCIULLA DEL WEST

Una Fanciulla fra i totem

Una Fanciulla fra i totem

La Fanciulla del West inaugura la 56a edizione del Festival Puccini di Torre del Lago per festeggiare il centenario della prima esecuzione che ebbe luogo al MET il 10 dicembre 1910 sotto la direzione di Arturo Toscanini con Enrico Caruso protagonista. L’opera, dalla genesi piuttosto tormentata, è tratta dall’omonimo dramma di David Belasco, ma, come sottolineò lo stesso Puccini, rispetto all’originale viene accentuato l’elemento redentore della protagonista e l’anelito verso la pace attraverso l’amore.
La Fanciulla non ha mai conseguito la notorietà di altre opere pucciniane, ma è proprio in essa che il compositore lucchese si conferma musicista europeo e complesso, capace di rielaborare in modo personale le influenze della musica francese del tempo e della scuola di Vienna. L’opera segna una nuova fase artistica, sperimentale e già novecentesca: l’effusione lirica è decisamente ridotta, mentre lo sviluppo orchestrale acquista forte rilievo e genera con pause e accensioni improvvise una tensione incalzante.

Nell’ambito del progetto “Scolpire l’opera”, percorso intrapreso dal Festival per coinvolgere artisti contemporanei legati al territorio a confrontarsi con i capolavori pucciniani, le scenografie del nuovo allestimento sono state realizzate dallo scultore pisano Franco Adami. Totem imponenti dipinti di arancio e azzurro dalle forme astratte e arcaiche sono schierati ai lati della scena, metafora di una società maschilista ed intimidatoria che caratterizza l’opera. I minatori sono raffigurati anche nel secondo atto, in una sorta di gigantesco bassorilievo sulla parete azzurrina, a commentare come un coro muto le vicende private di Minnie. La febbre dell’oro costituisce l’altro cardine dell’opera e d’oro sono gli arredi della Polka e le mezzelune sormontate da teste zoomorfe che suggeriscono le amache della capanna. Nel terzo atto, in una selva di totem blu, ha luogo una frenetica caccia all’uomo nel buio con una pepita dorata gigante sullo sfondo.
Minnie irrompe in scena con un grido brandendo due pistole (una via di mezzo fra Valchiria e Calamity Jane) e per l’happy end due enormi bandiere americane sono proiettate sullo schermo. L’impianto scenico, piuttosto invasivo, ha scarsa attinenza con l’opera ed è solo in parte stemperato dalle belle luci di Valerio Alfieri. Il fascio di luce fredda che colpisce Minnie alla fine del primo e del secondo atto regala drammaticità espressionista ai suoi sospiri e singhiozzi.

E’ soprattutto affidato alla regia di Kirsten Harms il compito di ricreare giusta tensione e atmosfera, facendo scaturire il dramma con una recitazione avvincente e realistica. La regista coglie i rapporti che intercorrono fra i personaggi e cura nei dettagli i movimenti di masse e comprimari che acquisiscono individualità specifiche e danno significato a ogni battuta.

Daniela Dessì trova in Minnie un ruolo congeniale, di cui riassume in modo credibile e senza eccessi dolcezza e vigore e la sua presenza genera come un’onda un mutamento comportamentale nei brutali minatori. La disinvoltura scenica è supportata da una perfetta esecuzione vocale in grado di risolvere brillantemente la scomoda tessitura; le doti di fraseggio e la perfetta dizione risolvono con espressività le incursioni nel parlato.
Fabio Armiliato è un Dick Johnson appassionato, dal buon registro centrale e varietà di accento e l’aria del terzo atto, generosa e di grande comunicativa, scatena gli applausi.
Carlos Almaguer dona giusto spessore vocale e drammatico a Jack Rance, uno sceriffo che si distingue per linea di canto curata e centri corposi.
Dei numerosi comprimari si apprezzano giusta caratterizzazione e puntuale movimento scenico. Per meriti vocali si distinguono Sonora di Giovanni Guagliardo e il cameriere Nick di Cristiano Olivieri. Bene anche il Sid di Federico Benetti ed il Trin di Marco Voleri. Non sempre a fuoco l’Ashby di Luigi Roni. Fra gli altri ricordiamo Bello (Massimiliano Valleggi), Harry (Ernesto Petti), Happy (Claudio Ottino), Larkens (Veio Torcigliani) e Joe(Nicola Pamio). Concludono il cast il Billy Jackrabbit di Veio Torcigliani, lo Jake Fallace di Carlo Di Cristoforo, il Castro di Luigi Cirillo e la Wowkle di Larissa Demidova.

Alberto Veronesi imprime tensione vibrante all'orchestra, facendo scaturire la varietà ritmica di una partitura affascinante e articolata. Ricordiamo che in questa edizione vengono ripristinate una ventina di battute alla fine del primo atto fra Minnie e Johnson, solitamente tagliate in quanto particolarmente impegnative. Complessivamente buone le prove dell’orchestra e del Coro diretto da Stefano Visconti.

Numerosi posti vuoti per un’opera di non facile richiamo nonostante il battage del centenario. Meritato trionfo per la coppia protagonista, qualche dissenso per la messinscena che, come osserva ironicamente qualcuno fra il pubblico, “parrebbe Aida”.

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