Prosa
LA FILA INDIANA

Io cammino in fila indiana

Io cammino in fila indiana

Storie dei nostri giorni. Storie di razzismo, violenza, immigrazione, politica. Uno spaccato dell’Italia di oggi raccontato da Ascanio Celestini con le sue straordinarie doti di narratore nel monologo La Fila Indiana che nasce nel 2009 in occasione de Il Razzismo è una brutta cosa una campagna contro le discriminazioni promossa dall’Arci,.
E’ una raccolta di racconti che l’autore stesso definisce scritti in fretta dopo l’incendio di un campo nomadi, dopo il naufragio di una barca di emigranti. Frammenti di vita quotidiana che danno l’immagine più vera del razzismo, il razzismo vissuto come senso comune, come flusso ininterrotto di un comportamento che discrimina e crea mostri. Il razzismo dell’informazione che etichetta l’immigrato come violento e costruisce la notizia. Intorno a questi frammenti è nato e cresciuto lo spettacolo, non ancora in forma definita, che oggi abbiamo il piacere di vedere in scena al teatro Vittoria.
Aiutato dagli sproloqui dei nostri politici Celestini è riuscito a dare corpo e spessore ad un percorso che trasversalmente entra in ogni forma di razzismo, di genere, razza, orientamento sessuale, per raccontare come la paura del diverso sia contagiosa e come ognuno di noi possa esserne vittima in quanto diverso. Ma poi da cosa.
Diversi i personaggi che si affacciano sul palco a raccontarci come il loro sia un razzismo giustificato da un motivo nobile, sottile la metafora per cui il razzismo è come il culo…nessuno può vedere il suo ma tutti possiamo vedere e giudicare quello degli altri. Maestre di fila indiana, sindaci, uomini semplici al bar, giovani e meno giovani raccontano le loro storie con un linguaggio razzista, usato con incoscienza o con compiacimento, si muovono con tic, automatismi, e paure peculiari e condivisibili dal razzista medio.
Il vero razzista, quello che inizia le sue frasi dicendo Io non sono razzista. E sembra che Celestini voglia insegnarci a fare l’orecchio alle parole di chi si nasconde dietro la tolleranza e invece è razzista, discrimina, non accetta il diversa o anche se deve conviverci non ne condivide le esperienze e non ne riconosce il valore. Sembra che questo spettacolo voglia farci vedere da vicino certi automatismi non sempre facili da riconoscere e troppo difficili da scardinare.
Perché il razzismo, appunto, è anche e soprattutto una gran brutta storia. Un modo mistificatorio di raccontare l’altro. Goebbels diceva: “Ripeti una bugia molte volte, alla fine la trasformi in una verità”.

Visto il 17-10-2012
al Vittoria di Roma (RM)