Genova, teatro Carlo Felice, “La Fille du Regiment” di Gaetano Donizetti
A TEATRO O ALLO STADIO DI CALCIO?
Ho avuto un dubbio al Carlo Felice. Il dubbio che invece mi trovassi allo stadio Marassi ad assistere al derby della Lanterna. Infatti non c’erano applausi da teatro, ma un tifo da stadio. Urla, grida a scena aperta, approvazioni a gran voce da tutte le parti, spettatori (anzi spettatrici) che, appena potevano, correvano verso il boccascena. Una sensazione meravigliosa, ma non usuale nei templi della lirica. In ogni caso tutto meritatissimo. E tutto per lui, la stella assoluta, Juan Diego Florez, todo para Diego, che trascina il resto del cast in questa collettiva orgia di ovazioni.
La Fille du Regiment è uno dei pilastri dell’opéra-comique francese, punto di congiunzione tra la cultura musicale italiana e quella francese (ha i recitativi), ma le sue rappresentazioni oggi sono numericamente abbastanza avare. A Genova è andato in scena il bell’allestimento del Teatro Comunale di Bologna, in cui la vicenda è spostata all’epoca della seconda guerra mondiale, con l’esercito americano intento a liberare i territori francesi. La diversa ambientazione giova alla storia, risparmiandoci colorati costumi tirolesi, scene da montagna idilliaca e una certa, stantia atmosfera da favoletta. Qui Marie non è più un’adolescente, ma una ragazza sicura di sé, orgogliosa e capace di forti sentimenti verso Tonio, verso la marchesa, verso tutto il reggimento (che poi è la sua famiglia).
Florez è ormai un veterano nella parte, il migliore in circolazione, e porta il pubblico all’entusiasmo. Fa paura l’apparente disinvoltura con cui canta la celebre “Ah! mes amis, quel jour de fête!” ed affronta i numerosi do di petto di “Pour mon âme quel destin!”, concedendo a furor di popolo l’inevitabile bis. La sua voce è impavida, lucente anche nel registro estremo. Ma secondo me è ancor più notevole la sua esecuzione della splendida “Pour me rapprocher de Marie” (peccato che, nonostante le richieste non ne abbia concesso il bis): qui Florez ha raggiunto un livello ottimale, proponendo una esecuzione appassionata, il fraseggio curato nei minimi dettagli ed in evidenza tutta la gamma di sfumature liriche e malinconiche della partitura. Il suo Tonio è ingenuo, ma anche vivace e baldante, un ragazzotto di paese che l’amore ha nobilitato e responsabilizzato fino al successo nella carriera militare e fino alla passione commovente della romanza del secondo atto. Nel ruolo della protagonista la giovane slovacca Lubica Vargicova, al debutto in Italia, rivela doti di attrice notevole, soprattutto nella divertente scena della lezione di musica. Buona la sua prova vocale nel primo atto (soprattutto nella bella aria “Il faut partir!”), di meno nel secondo, quando alza troppo il volume del cantato a discapito delle sfumature espressive. Il personaggio di Marie ha una particolare brillantezza, fondata sul più puro stile belcantistico, risultando vocalmente spericolato, ma anche piacevole ed ammiccante. Forse proprio questo non ha rispondenza nella Vargicova, che ha una buona emissione ma non ancora abbastanza espressività. Ottimi il Sulpice di Nicola Ulivieri e la marchesa di Francesca Franci: il primo unisce un bel timbro di voce a una notevolissima presenza scenica, la seconda raggiunge pienamente l’intento di Donizetti, di ritrarre in modo ironico e caricaturale l’aristocrazia. La regia di Emilio Sagi tende nel primo atto a sottolineare gli aspetti romantici della storia, mentre nel secondo quelli comici: riuscitissime le scene della lezione di canto e dell’arrivo degli aristocratici alla festa, con il maggiordomo che volteggia con lo straccio della polvere, i camerieri occupati a farsi consegnare le stole dalle nobildonne (in un caso con la forza) e lo schioccare rumoroso dei basi sulle guance. Riccardo Frizza ha diretto con mano sicura l’Orchestra del Carlo Felice, invece il coro, che ha un ruolo determinante, è apparso non adeguato, soprattutto quello femminile.
A Diego Florez ho chiesto come si sente quando canta Tonio, se essere considerato il migliore è più onore o onere: “Mi lusinga, ma anche significa pressione e responsabilità. Questo fa sì che io mi prepari di più, che io sia più pronto tecnicamente ed interpretativamente, anche come attore, perchè il pubblico si aspetta molto e devo dare più di quello che normalmente darei se io non avessi questa responsabilità”. Come ti prepari? “Quando mi sento io non mi piaccio molto e ciò significa che trovo un margine di miglioramento. Purtroppo la mia carriera piena di impegni non mi permette di studiare tantissimo, anche se io cerco di prepararmi al massimo, avendo a disposizione il poco tempo che ho. Studio comunque, sapendo gli esercizi da fare, nei momenti tra un’opera e l’altra, quando devo velocemente mettermi in gola un’opera per fare una buona prima”. Quali i prossimi impegni in Italia? “La Cenerentola alla Scala a giugno e il Rossini Opera Festival a Pesaro in agosto”.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 20 febbraio 2005.
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)