Genova, teatro Carlo Felice, “La forza del destino” di Giuseppe Verdi
“LA VITA E' INFERNO ALL'INFELICE”
“La forza del destino” conclude un'ottima stagione che si è aperta con “Il flauto magico” dell'indimenticabile Lele Luzzati e che ha presentato titoli di repertorio (“Don Pasquale”, “Pagliacci” e “Cavalleria Rusticana”) insieme a titoli oggi di moda (“Giulio Cesare” di Haendel e “L'amore delle tre melarance” di Prokof'ev) ed a titoli non usuali (“Le villi” del giovane Puccini e “Il castello di Barbablù” di Bèla Bartòk).
La Forza è stata presentata nella versione scaligera del 1869 e non nell'originale pietroburghese del 1862, con alcuni tagli nella seconda parte dell'atto III che nulla hanno tolto al fascino della musica. Discutibile la scelta del Maestro Daniel Oren di suonare la sinfonia iniziale alla fine del primo atto. Se infatti è vero che l'ouverture è un pezzo sinfonico a sé stante, certo è che, come dice la parola stessa, serve da introduzione all'opera e ne presenta i temi principali, citazioni che poi saranno riprese nei quattro atti. Soprattutto perchè, eliminata l'ouverture, la recita inizia “secca” con le battute tra Leonora ed il padre, troppo asciutta e poco coinvolgente. Ma la perfezione con cui l'orchestra del Carlo Felice, nelle mani di Oren, l'ha suonata consente di dire che poteva essere inserita in ogni punto della rappresentazione: sublime, potente, intima, sempre commovente, da pelle d'oca. Il pubblico ha risposto con applausi interminabili e ripetute richieste di bis, peraltro purtroppo disattese (Oren, di fronte a quell'uragano di applausi, ha aperto la giacca e mostrato il cuore). Daniel Oren inaugura così, benissimo, il nuovo incarico di direttore principale, con questo Verdi che si adatta come un guanto al suo temperamento vigoroso ed appassionato, alla sua passione per gli eccessi, i fortissimi ed i pianissimi: così il Maestro israeliano ha condotto l'orchestra alla perfezione in tutta la partitura, alternando i momenti eroici a quelli più intimi, sfogliando pagine roboanti e, al contario, pagine vibranti e seducenti. Una direzione ottima, assecondata da un'orchestra in stato di grazia. Oren si sbraccia a più non posso con gesti amplissimi e rotondi, incita i musicisti ed i cantanti (anche a gran voce) per mantenere un ritmo incalzante, oppure per rallentare, a seconda delle necessità, mantenendo sempre altissima la tensione nello spettatore.
Il nuovo allestimento coprodotto dalla Opernhaus di Zurigo, molto tradizionale, ha ambientato la vicenda nella scena realistica di Ezio Frigerio, con tutti gli ambienti previsti nel libretto; perfetti i costumi vagamente “macchiaioli” di Franca Squarciapino; suggestive le luci di Jürgen Hoffmann; poco incisive le coreografie di Sabine Maouscardes. La regia di Nicolas Joël (ripresa da Timo Schüssel) ha accompagnato i cantanti secondo le indicazioni del compositore e del librettista ed ha convinto, salvo nel quarto atto, con una improbabile gabbia in cui è intrappolata Leonora, gabbia che le impedisce di abbracciare Alvaro e il frate ma non al fratello di pugnalarla a morte alle spalle, un quarto atto senza tensione, freddo e distaccato, per nulla coinvolgente.
Micaela Carosi ha interpretato Leonora con grande intensità vocale e aderenza drammatica. Con voce di bel colore, corposa e sicura, ha delineato un personaggio vibrante che è cresciuto nel corso dell’opera.
Francesco Hong ha cantato con voce molto potente, seppure in alcuni momenti priva delle necessarie morbidezze e di espressività.
Buona prova per Franco Vassallo che ha restituito con giusto spessore di canto il carattere dell’irriducibile Carlo.
Particolare menzione per Bruno Praticò, perfetto Frà Melitone per giusta caratterizzazione, eccellente dizione e bellezza di voce, spiritoso nei gesti e nelle inflessioni senza cadute di stile.
Giacomo Prestia ha delineato un Padre Guardiano autorevole per voce e presenza scenica.
Poco convincente la Preziosilla di Elena Manistina per dizione ed interpretazione.
Con loro il simpatico Trabuco di Carlo Bosi, lo scuro Alcade di Angelo Nardinocchi, Danilo Rigosa (il Marchese di Calatrava), Tiziana Tramonti (Curra), Carlo Striuli (un chirurgo) e Angelo Casertano (un rivendugliolo).
Non all’altezza del ruolo Franco Farina nella parte di Alvaro, parzialmente contestato dal pubblico, voce non sufficientemente robusta e priva di morbidezza e chiaroscuri. Orlin Anasstassov, Padre Guardiano di forte presenza scenica, ha creato un personaggio nobile e vocalmente inappuntabile. Marianne Cornetti, pur dotata di buoni mezzi vocali, ha dipinto una Preziosilla un po’ generica e in difetto di souplesse ritmica.
Teatro tutto esaurito e grande successo di pubblico con particolari ovazioni al direttore, alla Carosi ed a Praticò.
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 6 maggio 2007
altro cast recensito da Ilaria Bellini (recita del 27 aprile)
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)