In occasione del Festival Verdi 2014 il teatro Regio di Parma ha riproposto un allestimento più che rodato de La forza del destino ideato da Stefano Poda in occasione della stagione lirica 2011. Come sempre, anche in questo caso, è Poda in prima persona a occuparsi non solo della regia, ma anche di scene, luci, costumi e coreografie. L’allestimento è raffinato e minimalista: sul fondo la scena è chiusa da alte pareti nere ruvide, due grossi moduli anch’essi dalle superfici scabre, scure da un lato e bianche dall’altro, vengono fatti ruotare a vista da alcuni mimi così da formare varie ambientazioni, fino a posizionarsi poi nella scena del convento in modo da lasciare libera un’apertura a forma di croce, suggestivamente illuminata sul retro da una calda luce dorata; nel terzo atto fa la sua comparsa una palla appesa ad un filo che oscilla a guisa di pendolo, nel quarto una grande croce reclinata sul pavimento. Pochi dunque gli elementi scenici, valorizzati suggestivamente dalle luci, spesso di taglio, che sottolineano, ora con tonalità fredde, ora con tonalità calde, movimenti e situazioni, favorite in questo dalla scabrosità delle superfici che finiscono per rifletterle. A completare il tutto i pesanti costumi dai colori scuri, eccettuati quelli di Preziosilla che virano sul rosso, che risultano funzionali alla lentezza di movimenti richiesta dalla regia. Un poco ridondanti appaiono, invece, le coreografie artificiose, fatte di movimenti a scatti, di lente ripetizioni, così come la frequente presenza sul palco di mimi appoggiati alle pareti o che deambulano in maniera plastica, i quali finiscono poi per aggregarsi in veri e propri grovigli al centro della scena.
D’eccezione il cast. Virginia Tola è Leonora: il timbro piacevole e rotondo, piani e pianissimi carichi di tensione drammatica, i centri solidissimi delineano un personaggio intenso ed incisivo. Roberto Aronica veste i panni di un don Alvaro munito di uno strumento potente che è capace di usare in maniera generosa, bravissimo nei passaggi di registro e nell’analisi psicologica del proprio personaggio. Luca Salsi è un Carlo dotato di un timbro piacevolmente brunito e vellutato, pieno di energia sulla scena, provvisto di un ottimo legato. Disinvoltissima in scena la Preziosilla di Chiara Amarù che si mostra davvero impeccabile nelle agilità e nel controllo dell’emissione. Michele Pertusi è un solido e autorevole Padre Guardiano, capace di regalare umanità e generare grande trasporto emotivo. A lui fa da contraltare il precisissimo Fra’ Melitone di Roberto De Candia che mai vira verso un facile macchiettismo. Con loro nel ruolo del Marchese di Calatrava Simon Lim, in quello di Curra Raffaella Lupinacci, in quello di Trabucco Andrea Giovannini.
Splendidamente ricca di colori la direzione di Jader Bignamini che ha funto da catalizzatore per una compagnia di canto in perfetta sintonia, cercando sempre un perfetto accordo fra buca e palcoscenico. La ricerca intelligente del dettaglio non fine a se stessa, ma inserita all’interno di un più ampio piano musicale, rende la sua una bacchetta davvero sontuosa.