Lirica
LA FORZA DEL DESTINO

Il destino e l'ineludibile resa finale dei conti

Il destino e l'ineludibile resa finale dei conti

La forza del destino è un'opera spesso bistrattata dai suoi detrattori, ma che, all'interno della produzione verdiana, riveste un ruolo non di poco conto. Tratta da Don Álvaro y la fuerza del sino di Ángel Saavedra, essa attinge appieno alla tecnica del romanzo e alle novità apportate dalla letteratura romantica europea: sfruttando la varietà degli episodi e superando le unità aristoteliche, La forza del destino finisce, infatti, per sublimare il lungo tempo reale, tipico del grand opéra, nel tempo lungo dei casi umani che il destino utilizza per portare tutti alla resa dei conti. Un melodramma, dunque, che presenta, rispetto alle precedenti opere del Maestro di Busseto, forti novità strutturali.

L'edizione veronese di questo inizio di stagione vede l'esecuzione della famosa Sinfonia scaligera del 1869 prendere posto non all'inizio dell'opera, bensì fra il primo e il secondo atto. La scelta operata dal regista Pier Francesco Maestrini, sebbene abbia un senso all'interno di un allestimento che vede l'omicidio del Marchese di Calatrava come un antefatto e tutto il resto come la vera e propria narrazione di una vicenda, lascia però qualche perplessità dal punto di vista musicale. L'esecuzione dell'ouverture viene accompagnata dalla proiezione su di un velatino posto sul boccascena di una serie di immagini che colmano il divario di circa diciotto mesi che divide le vicende presentate nel primo atto da quelle del secondo e che vede i due innamorati ineluttabilmente separati dal destino. Proprio la proiezione di immagini, spesso dotate di uno spessore tridimensionale, è il fulcro di tutto l'allestimento che, ricercando ambientazioni tutto sommato tradizionali ma dotate di notevole finezza e fascino, ricrea tutti gli spazi richiesti dal libretto utilizzando efficacissime illusioni ottiche che danno l'effetto di grande profondità: pochi ed essenziali gli arredi scenici. A corredo del tutto, i bei costumi settecenteschi pensati da Luca Dall'Alpi, funzionali all'interno di quella generale cupezza d'atmosfera ricreata attraverso un sapiente uso delle luci e perfettamente in sintonia con la sanguinosa tetraggine sottesa agli eventi.

Walter Fraccaro è un Don Alvaro convincente, a tratti forse troppo muscolare nell'emissione, ma dotato di uno strumento corposo, dalle belle coloriture e dagli acuti solidi e sicuri. Totalmente persuasiva Hui He che, a parte qualche leggero e trascurabile problema di intonazione, ha saputo tratteggiare una Leonora passionale, dalla voce calda, solida nei centri e dall'eccellente presenza scenica. Spavaldo e impetuoso il Don Carlo di Vargas di Dalibor Jenis il cui fraseggio nervoso, unito a una vocalità di peso, ben rendono le caratteristiche di fondo del personaggio. Davvero ottima Chiara Amarù nei panni di una procace e sensuale Preziosilla dalla linea di canto cristallina, precisissima nelle agilità e raffinata nell'emissione. Gezim Myshketa è un imperdibile Fra Melitone, ben caratterizzato ma senza cadere nell'eccesso: molto bella la voce, calda, brunita e ricca di armonici. Solido e autorevole il Padre Guardiano di Simon Lim; perfettamente adeguato, seppur nella brevità della parte a lui concessa, Carlo Cigni nei panni del Marchese di Calatrava. Con loro Milena Josipovic (Curra), Francesco Pittari (Mastro Trabuco), Gianluca Lentini (Alcade e Chirurgo).

Ottima concertazione e prova di altissimo livello per Omer Meir Wellber che ha ben diretto senza intoppo alcuno l'Orchestra dell'Arena: il gesto è preciso, il suono si dipana limpido all'interno di una visione di insieme che nulla trascura, evidenziando con uguale tensione i momenti tragici e quelli più legati al mondo del passionale. Molto buona anche la prova del Coro.

Teatro Filarmonico davvero gremito; all'esterno la protesta del Corpo di Ballo contro gli annunciati tagli.

Visto il 17-12-2015
al Filarmonico di Verona (VR)