Tra cielo e terra, si leva il canto della Gioconda

Tra cielo e terra, si leva il canto della Gioconda

Decisivo il ruolo avuto da Arrigo Boito nel melodramma di fine '800. Prolifico scrittore e buon musicista - benché gli si debbano due sole opere, di cui una incompiuta - eccolo responsabile dei libretti di Otello e Falstaff per Verdi, e de La Gioconda per Ponchielli, opera alla quale gira anche qualche sua idea musicale; nonché creatore in toto del suo Mefistofele. In un modo o nell'altro, insomma, nel crepuscolo della grande tradizione nostrana Boito mette una firma sui quattro titoli di quel periodo rimasti sempre in repertorio. Giovane Scuola a parte, naturalmente.

Unire le forze per offrire un titolo non proprio frequente

Quest'ultima Gioconda nasce da una bella coproduzione tra Piacenza, Reggio Emilia e Modena. E' lavoro di complesso allestimento, non frequentissimo in verità; per questo, atteso da molti appassionati d'opera. Gli intenditori sono poi qui a soppesare il debutto di Francesco Meli nei panni di Enzo: ne esce vincitore per incisività, solidità di fiati, nobiltà di fraseggio, resa di dettagli e di colori. Oltre che, va da sé, per la limpidezza del timbro: dopo il suo ”Cielo e mar” è venuta giù la sala. Ma i punti di forza di questo riuscitissimo spettacolo sono ben più d'uno.


Come concertatore Daniele Callegari ha vecchia dimestichezza con la partitura, ed una naturale inclinazione al racconto lirico. Quindi non solo offre una concertazione accurata, tenendo serrate le fila di un materiale ricco ma eterogeneo, con un'orchestra che lo segue diligentemente ed un cast che lo l'asseconda in pieno; ma in più con ben dosata enfasi melodrammatica infonde vivida teatralità al capolavoro del compositore cremonese.

Saioa Hernández è una Gioconda adeguatamente definita: forte nel carattere scenico e ben tornita nel canto, si esprime senza problemi nelle zone alte della tessitura - anche negli acuti di forza - e non teme le discese sotto il rigo. Laura incontra in Anna Maria Chiuri una interprete completa, persuasiva, presente anche nelle piccole sfumature; il cupo e devastante personaggio di Barnaba trova in Sebastian Catana eccellente sostegno scenico e musicale, a parte qualche asprezza di squillo; la protervia sprezzante del Badoero è resa in ogni dettaglio da Giacomo Prestia; Agostina Smimmero è una Cieca centrata e vocalmente inappuntabile. Parti di fianco adeguate; esaltanti prestazioni del cori piacentini – quello del Municipale e le voci bianche del Farnesiano - guidati da Corrado Casati e Mario Pigazzini.

Scenografia minimalistica, regia compatta

Cose essenziali, quelle che Andrea Belli ha portato in scena. L'acqua della Laguna spunta qua e là, in pozze di varia forma e dimensione; il cielo è suggerito da grandi teli ondeggianti di plastica; solo un'immane tela rossa disegna di traverso Palazzo Badoero, solo due stendardi con il Leone di San Marco ad evocare la Serenissima.
Scorre pregnante ed intensa la regia di Federico Bortolani, che mira dritta al sodo – cioè emozionare lo spettatore - senza troppi fronzoli. Pertinenti i costumi di Valeria Donata Bettella. Scollegata dal contesto la modesta coreografia di Monica Casadei per la Danza delle Ore, affidata a sei solisti di Artemis Danza.

Spettacolo: La Gioconda
Visto al Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena.