"La pace può esistere solo se c'è la guerra" e così i pacifisti sono la minaccia più terribile alla loro stessa ultima finalità. Questo il paradosso che anima la pièce di Pierre Louki portata in scena dal Piccolo teatro instabile di Torino. Ruggero Fracchia, nelle vesti di un attempato generale dal copricapo napoleonico, e Roberto Rossato, soldato agli ordini del superiore, inneggiano alla guerra invocata e ricreata ad oltranza anche laddove non presente né necessaria.
Il dialogo è surreale e rientra in un teatro dell'assurdo, dove la realtà è filtrata da percezioni distorte e dà origine ad una concatenazione illogica di fatti e parole.I due protagonisti, obbedendo ad un ordine gerarchico che appare privo di senso in un esercito composto da sole due persone, si ostinano a vedere un nemico inesistente, individuato ora in gitanti che fanno pic nic in un parco, ora negli asparagi in un campo , la cui posizione " è uno stare sull'attenti permanente, provocante e virgineo".
Il luogo dove questa follia si svolge è una stanza con una finestra dalla quale il soldato, incalzato dagli ordini del generale, scruta l'orizzonte per sondare presenze ostili. Un sedicente nemico deve essere respinto, anche se non è chiaro da dove, e la lotta si concretizza, in mancanza di meglio, in una prova di forza del soldato che batte, al comando del superiore, la testa contro il muro sino a ridursi alla spossatezza fisica e mentale. Un parallelepipedo di mattoni simula il davanzale della finestra e il muro contro il quale viene consumata la battaglia.
Nei dialoghi surreali che si perdono nella descrizione al rallentatore, con un riuscito effetto cinematografico, di come deve essere la posizione di attenti o riposo, o nella simulazione di una trattativa diplomatica di scambio tra carrarmati e biciclette, si intravedono slogan guerrafondai che rivelano tutta la loro vacuità. La guerra pare un fumetto, una necessità dettata da fini altri, economici ma anche mentali, luogo atto a dissipare frustrazioni giovanili e non.
Il taglio comico insito nel testo è evidenziato dal regista (oltre che attore) Ruggero Fracchia con una recitazione stralunata, che mette in luce la patologia mentale di chi individua sempre e ovunque ostilità, facendo della lotta la ragione prima di vita. Il gioco lascia il posto alla realtà : l'ordine del giorno è una conferenza sul disarmo e, nonostante il pianto per la mancanza, in questo luogo del pianeta, di una guerra che dia una ragione all'esistenza dell'esercito, non può essere disatteso.
Ottima l'interpretazione dei protagonisti che, a tratti, grazie ad una tecnica registica veloce e delirante, paiono personaggi da film animato. Si scontrano, battono la testa contro il muro, eseguono gesti al rallentatore e si compiacciono delle osservazioni più assurde, come in una favola vorticosa laddove "quel che conta veramente è la vittoria". Non importa per cosa né contro chi: tutto è un pretesto per sedare una mancanza e nulla è essenziale. Uno spettacolo impegnativo e notevole sia per il testo brillante ma non facile, sia per la scelta estrema di folle caratterizzazione dei personaggi.