Prosa
LA HUELGA DE LAS ESCOBAS (LO SCIOPERO DELLE SCOPE)

La dignità delle scope

La dignità delle scope

La seconda opera teatrale della XVII edizione della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea, attualmente in corso alla Piccola Corte di Genova, è un testo nato dalla collaborazione di tre argentine, Roxana Aramburu, Patricia Suárez, Mónica Ogando. La versione italiana di Ernesto Franco è stata messa in scena da Mario Jorio, le cui scelte registiche hanno avuto il consenso del pubblico e della critica. Il dramma è diviso in tre parti la cui scansione temporale -settembre, ottobre, novembre- è resa con differenti scene in cui gli stessi attori interpretano personaggi diversi. La storia narrata trae origine da un fatto realmente accaduto nel 1907 nei quartieri poveri di Buenos Aires, La Boca e Barracas, il primo di immigrati per lo più genovesi. Le comunità di migranti vivevano all’interno di conventillos, veri e propri caseggiati in cui ogni famiglia occupava una stanza, a volte con numerosi membri, mentre in comune erano i servizi igienici, le cucine e il patio nel quale avveniva la vita sociale ed era posta anche la stanza del custode. Nel 1907 l’aumento degli affitti delle camere generò una protesta che in breve coinvolse più di cinquecento conventillos. L’evento passò alla storia come La huelga de las escobas, Lo sciopero delle scope, poiché furono le donne ad armare la protesta con le loro scope e a cacciare le forze dell’ordine anche con l’acqua bollente. Dopo la morte di Miguel Pepe, un quindicenne ucciso durante le giornate di scontri, la protesta si accrebbe con la presenza anche di anarchici e socialisti, sino a coinvolgere più di quindicimila persone.
Apprezzabile e convincente la modalità brechtiana di presentare i tre quadri attraverso la rottura della quarta parete. L’entrata decisa infatti dei tre attori, che con voce energica –rinvigorita dalla vicinanza del microfono palmare- introducono la vicenda rivolgendosi direttamente agli spettatori, ha molto del teatro epico di brechtiana memoria. Di fatto, che si tratti di un tipo di teatro civile riuscito è fuor di dubbio. E mai noioso. Non è una rappresentazione breve e peraltro la struttura del testo potrebbe indurre una certa stanchezza, eppure ancora una volta Mario Jorio riesce a coinvolgere i presenti, a farli calare nella rappresentazione –in quest’occasione alla lettera, in considerazione della forma della Piccola Corte, spazio scenico realizzato con gradinate semicircolari. Molte le scene davvero divertenti e molte quelle che impongono una seria riflessione. Bravissimi gli attori, in particolar modo Luca Cicolella ha divertito molto. Tutti e quattro comunque, a cominciare dall’attrice di punta Fiorenza Pieri, hanno dimostrato di aver lavorato in consonanza, poiché il risultato finale è stato armonico e ben ritmato. Cento le scope in sala e duecentocinquanta (tanti i posti a sedere della Piccola Corte) gli spettatori, tutti attenti e partecipi, a livelli diversi, in modi diversi. Le protagoniste mettevano allegria con quel loro modo di essere disposte, già pronte per essere afferrate e usate, si sa, non per spazzare in questo caso, e simulavano anche l’idea del popolo di donne che partecipò alla protesta. Efficace davvero il momento in cui Miguel libera dal dolore Chepa, il cui seno è dolorante poiché si è indurito per il latte. Chepa infatti, a causa dello sciopero, non ha potuto allattare la sua bambina e adesso soffre per le fitte al petto. Miguel così le succhia i capezzoli, mentre lei geme di piacere, per il seno che si sgonfia e per l’attenuarsi del dolore, stando a cavalcioni delle gambe del ragazzo. E Saturnina, eccitata e arrabbiata –è innamorata del bel Miguel-, è più in là, in disparte, che si struscia sul corpo due belle arance profumate. E poi ancora la scena di Paco che sussurra frasi d’amore all’ingenua Juana, che sta quasi per aprirgli la porta d’ingresso al conventillo, col rischio di far entrare anche le forze dell’ordine. Sarà poi Giuseppina Mirandola, l’operaia anarchica che fino a quel momento ha praticato il motto né Dio né padrone né marito, a spalancare le porte e le braccia a Paco e addirittura ad accettare di convolare a nozze con lui. Ma è tutto falso, Paco è un vero traditore. Il tonfo della porta che cade sulla scena mentre un faro illumina la via immaginaria attraverso cui irromperanno le forze armate, non soltanto colpisce ma genera una sana inquietudine che fa portare a casa lo spettacolo affinché la riflessione continui anche tra le pareti più familiari. Gli spunti non mancano, d’altronde, in questo testo, spesso poetico, come durante il monologo di Blanca: La miseria fa sì che la gente pensi; la dignità non si può mercanteggiare, la dignità si paga con la morte; senza i poveri non ci sono i ricchi, per questo siamo qui.

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Didascalia foto
1) Luca Cicolella, Fiorenza Pieri, Angela Ciaburri (foto: Patrizia Lanna)
2) Angela Ciaburri, Fiorenza Pieri, Melania Genna (foto: Patrizia Lanna)
3) Luca Cicolella, Fiorenza Pieri, Melania Genna (foto: Patrizia Lanna)
 

Visto il 25-05-2012
al Ivo Chiesa di Genova (GE)