Una sedia in un angolo, un bicchiere e una brocca d’acqua, sei pezzi sospesi nel vuoto, da rimontare come un puzzle, per ricostruire una strana bicicletta, forse al contrario, così come si costruisce una storia attraverso i ricordi. La storia di Luigi Malabrocca.
“La maglia nera. Gesta e ingegno di Luigi Malabrocca”, è in scena al centralissimo Teatro dei Filodrammatici. Terzo dei quattro spettacoli che compongono la rassegna “Gli Arrabbiati del Naviglio” iniziata il 24 febbraio ed in programma fino al 22 marzo e dedicata alla energie teatrali che si sono formate artisticamente a Milano, luogo che ha dato loro spazi e possibilità espressive.
Il monologo, scritto e rappresentato da Matteo Caccia, per la regia di Rosario Tedesco e con le musiche originali di Gianni Coscia, è la ricostruzione delle gesta di Luigi Malabrocca, piemontese e ciclista al tempo in cui il duo Coppi-Bartali la faceva da padrone. Mentre i due campioni infiammavano la folla lottando per la maglia rosa, Malabrocca era riuscito a farsi amare per una personalissima caratteristica: quella di arrivare ultimo. Inizialmente casuale presto divenne il mestiere di Malabrocca: il capire che arrivare ultimo poteva fruttargli maggiori soddisfazioni sia per un ritorno di popolarità sia in termini economici, piuttosto che un anonima ennesima posizione, fu senza dubbio una geniale intuizione.
Illuminazione tanto acuta da stimolare gli organizzatori del Giro d’Italia ad introdurre la ‘maglia nera’ quale premio per l’ultimo classificato. Presto Malabrocca, vincitore di 139 gare, cinque competizioni e detto anche ‘il Cinese di Garlasco’, divenne un beniamino, una leggenda rovesciata, in grado di dar lustro all’ultima posizione. Nella difficilissima Italia del Dopoguerra, in cui la divisione ciclistica (Coppi o Bartali) diveniva anche poitica (PCI o DC), nel 29° Giro d’Italia (1946), il Giro della Rinascita, fu facile per gli italiani appassionarsi alle gesta di quel ‘ultimo’, coriaceo e disperato, che arrivava ultimo ma arrivava.
Una storia quasi epica, ambientata nell’epoca dei ciclocontrabbandieri, che esprime una rabbia particolarissima, quella di sbarcare il lunario, la rabbia del fare di necessità virtù. Ma anche la rabbia che si trasforma in competizione verso chi vuole rubarti quel qualcosa che è tuo: come quando Malabrocca, nel Giro del 1949, trovandosi a lottare per la maglia nera con Sante Carollo, appassiona l’Italia con un duello surreale colmo d’astuzie.
Matteo Caccia, anche lui piemontese e diplomatosi proprio all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, è noto per esser rimasto vittima nel 2007 di un’amnesia retrograda globale e per cercare di ricostruire i propri ricordi attraverso un diario nel programma radiofonico “Amnesia” su Radio2. Con ‘La maglia nera’, perfetta prova di teatro di narrazione, l’attore piemontese mette in mostra tutte le sue qualità: monologo dal filo logico chiaro, la trama risulta leggera e comprensibile perfino per gli agnostici del ciclismo. Con la sua capacità narrativa appassiona, poi, l’intera platea che pende dalle labbra dell’attore per conoscere o rivivere le gesta di Malabrocca.
Pregevole anche l’utilizzo delle luci, perfetto contorno delle variazioni nell’atmosfera narrativa. Prezioso, infine, l’accompagnamento musicale che, attraverso le musiche jazz del fisarmonicista Gianni Coscia, costruisce un’atmosfera eroica d’altri tempi, perfettamente adatta alla storia.
Gli applausi finali del pubblico sono forse i più calorosi dell’intersa rassegna
Milano, Teatro dei Filodrammatici, 13/03/2009
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(AT)