Prosa
LA NEVE DEL VESUVIO

La neve, sciolta come l'infanzia ormai passata

La neve, sciolta come l'infanzia ormai passata

All’interno del ciclo – "L’armonia perduta" - che lo Stabile di Napoli dedica allo scrittore partenopeo Raffaele La Capria, in questi giorni è messa in scena, con e per la regia di Andrea Renzi, la raccolta di racconti “La neve del Vesuvio”. L’opera, Premio Grinzane Cavour 1989, in forma di romanzo di formazione, narra gli anni dell’infanzia fino alla prima adolescenza del bambino, Tonino, che attraverso il proprio sguardo acuto, malinconico e sinceramente ironico, dipinge la crescita formativa della propria individualità nella Napoli dell’era fascista.

La pièce , in forma di monologo, condotto per mezzo di una narrazione extradiegetica, che si fa in prima persona nelle parti dialogiche, ritrae i passaggi di maturazione dell’identità di Tonino da quando bambino, conosce solamente qualche parola e non ha coscienza di sé, a quando cresciuto alla soglia dell’adolescenza diviene consapevole del mondo che lo circonda. Il tutto è narrato attraverso le osservazioni, razionalizzate dall’adulto narratore in scena (lo stesso Renzi), sulla percezione di sé, del reale e del valore che le parole possono assumere nel mettere in rapporto i primi due.
Da tutto ciò la messa in scena di Renzi, risulta pienamente influenzata. Ponendo come luogo dell’azione uno spazio vuoto, illuminato in maniera puntuale e il cui unico oggetto scenografico risulta essere un foglio bianco.

Sono tre i momenti principali del racconto, così come tre sono i personaggi fondamentali che accompagnano la crescita di Tonino – la madre, il padre, il professor Haberstumpfs – ed infine tre sono le forme e funzioni che assume il suddetto foglio bianco.
L’incubo durante la febbre “di crescenza”, quando Tonino sogna il prestigiatore che ha visto poco prima al circo ed al cui mondo d’illusione si ribella, rappresenta il primo di questi momenti. Per un bambino, ricco di emozioni che passano veloci nella testa e sulla pelle, il mondo è fatto di cose, di oggetti, che semplicemente esistono o non più. La propria identità, così come quella delle cose, è semplicemente presenza materiale ed è vissuta esclusivamente nel presente. E’ questa la fase in cui, a Tonino, per essere sereno, basta il solo tenersi per mano con la madre. Ed è in questo quadro che il foglio bianco è steso, bianco e liscio, al centro dello spazio vuoto, pieno solo della luce proiettata su di esso.
Di  seguito giungono gli anni della scuola ed è qui che dovendo realizzare i primi componimenti in forma di tema, Tonino capisce come le parole ed i pensieri, non sono più liberi di fluire come un tempo. Le parole non sono più utili a nominare gli oggetti e le azioni, ma sono spesso vincolate dal proprio immaginario e ancor più spesso, da quello degli altri. Si affianca a tale esperienza, quella dell’ “avallo” del padre alle cambiali dell’amico. Una parola misteriosa per un bambino che, da sola, distrugge definitivamente la serenità e l’allegria familiare. In questi momenti il foglio bianco, non più teso al centro dello spazio, è parte dell’agire scenico divenendo tappeto e poi coperta.
Infine l’adolescenza, l’età della coscienza critica del sé, del proprio corpo e del mondo intero. Ed è qui che la semplice domanda del professor Haberstumpfs – cos’è un ago? – rivolta all’ormai non più piccolo Tonino ed ai suoi compagni di classe, desta perplessità su quale possa essere la risposta corretta; forse perché spesso nel mondo degli adulti, gli oggetti, le parole e le azioni, non giacciono più sullo stesso piano. Ed è forse, proprio per questo motivo, che il professore le definisce sacre, mentre per strada un drappello di giovani fascisti inneggia alla guerra con la Francia. Le parole, devono essere utilizzate con sacralità, conoscendo il loro significato, con i toni e i tempi giusti. Esse se mal’ utilizzate, possono trasformare gli uomini in cose, masse prive di identità e libertà. Con questo monito si conclude la pièce . Sul foglio bianco, ormai sgualcito e posto nuovamente al centro dello spazio vuoto e scuro, solo un profilo bianco si staglia nel buoi come neve del Vesuvio, sciolta come l’infanzia ormai passata.

E’ da ritenersi buona la prova di Andrea Renzi, così come testimoniato dai caldi applausi del pubblico e dello stesso La Capria, presente in sala. Riuscita risulta essere la trasposizione teatrale anche grazie alle scene di Luigi Ferrigno ed al disegno luci di Gigi Saccomandi.

Visto il 11-02-2014
al Mercadante - sala Ridotto di Napoli (NA)