Melpignano (Lecce), piazzale …

Melpignano (Lecce), piazzale …
Melpignano (Lecce), piazzale dell’ex convento degli Agostiniani LA NOTTE DELLA TARANTA Dopo un percorso itinerante di musica e di incontro fra culture e tradizioni nei comuni della Grecìa salentina (dall’11 al 24 agosto), la Notte della Taranta è approdata a Melpignano per la sua tappa conclusiva con il concertone finale che, nella spianata dell’ex convento degli Agostiniani, ha trascinato una folla di oltre 100.000 persone accorse da tutta Italia e dall’estero nella più grande festa di musica folk. Da tempo ormai la Taranta è simbolo non solo del Salento, ma dell’Italia intera: bastano i luoghi degli ultimi concerti eseguiti dall’Orchestra diretta da Ambrogio Sparagna, non solo Roma (all’Auditorium, perché la Fondazione Musica per Roma è tra gli enti collaboratori della Notte della Taranta), Bologna e Venezia, ma anche Pechino, Amman e la Germania in occasione dei mondiali di calcio. Dal pomeriggio di sabato 26 fino all’alba di domenica 27 agosto (nell’estremo oriente d’Italia il sole sorge e tramonta prima che nel resto del territorio) Melpignano si è popolato smisuratamente, con la festa che è debordata tra i vicoli e nelle piazze del paese, su tutte la splendida e suggestiva piazza San Giorgio, dove era stato montato uno dei maxischermi. Il “concertone” si è articolato in tre momenti, ispirati da diversi percorsi di ricerca che affondano le radici in un terreno comune e confluiscono tutti nella stessa volontà di far vivere e di rinnovare una tradizione di musica popolare antica che lancia un messaggio di pace e di incontro tra popoli e culture. La prima parte della lunga serata è stata affidata agli anziani cantori di Corigliano d’Otranto (Giovanni Avvantaggiato, Leonardo Serra, Nicola Campa), a quelli della famiglia Cordella da Copertino e alla famiglia degli Zimba, emblematica della cultura popolare salentina e del movimento di riscoperta della pizzica, che hanno proposto un repertorio di brani tradizionali, di pizziche e di canti d’amore e di lavoro. La seconda parte ha visto la fusione della tradizione salentina con le sonorità di un altro “sud”, quello del mitico gruppo cubano dei Buena Vista Social Club, i quali hanno incontrato la voce del più anziano cantore del Salento, Uccio Aloisi, e quella più giovane ma già storica di Claudio “Cavallo” Giagnotti. In un misto di ritmi pizzicati e latinoamericani si è celebrato un vero trionfo di suoni e colori che ha riscaldato la platea in attesa dell’Orchestra. La terza, più ampia, attesissima, sezione del concertone ha visto sul palco l’Orchestra popolare della Notte della Taranta, diretta dal maestro Ambrogio Sparagna, che ha proposto un repertorio di canti originali e di pizziche. I settanta musicisti dell’Orchestra hanno incontrato Lucio Dalla che con loro ha reinterpretato alcuni canti della tradizione popolare salentina. Ospiti le voci di Carmen Consoli, Peppe Servillo e Lucilla Galeazzi, e la musica del virtuoso della gaita gallega Carlos Nunhez. Una vera novità è stata il repertorio dei brani scelti, una serie di canti musicati appositamente per il concerto. Tanti i fili conduttori, il primo dei quali simbolicamente accostato al centesimo anno di vita della Cisl (a cui è dedicata una bella mostra realizzata da Arthemisa, “Il lavoro inciso – Capolavori dell’arte grafica da Millet a Vedova”, che ho visitato presso il museo provinciale Sigismondo Castromediano di Lecce, cento lavori di grafica realizzati da grandi maestri europei in oltre un secolo di storia, dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Settanta del Novecento sul tema dell’evoluzione del lavoro), cioè i canti di lavoro, “Fimmine Fimmine” e “La tabaccara”. Durante l’esecuzione del primo è saltato per alcuni minuti l’impianto audio perché qualche imbecille (non mancano mai) si è divertito a staccare i cavi di alimentazione. Poi i canti d’amore, tra cui alcuni preziosi e raffinati strambotti (componimenti poetici popolari di otto versi di undici sillabe ciascuno, tipici non solo dell’Italia centrale, ma sembra anche della terra d’Otranto), musicati ex novo da Ambrogio Sparagna secondo alcuni stilemi musicali tipicamente popolari che hanno esaltato il carattere prezioso e al tempo stesso popolaresco della poesia. Poi il folto capitolo del canto popolare dell’area grika (undici sono i comuni che fanno parte dell’area della Grecìa salentina, in cui si parla il dialetto griko), esaltato dall’intrinseca musicalità dell’antico idioma in cui si sentono echi contemporanei di poesia popolare e di classicità (il mare chiamato “tàlassa”, l’acqua chiamata “nerò”, “kalinnìfta” per buona notte). E ancora i canti folkloristici, l’intensa “La quistione meridionale” di Rina Durante, il classico repertorio delle pizziche, da ballo e da corteggiamento, colonna sonora ideale per quel ritrovato senso della comunità, colorata, civile e pacifica, percepito forte e deciso tra lo sterminato pubblico del concertone. I momenti che io ho sentito più vibranti sono stati i due affidati a Carmen Consoli, la canzone di apertura, in dialetto salentino, “Sia benedetto ci fice lu mundu”, cantata insieme alla giovane e straordinaria Alessia Tondo (Sparagna l’ha definita “una voce baciata da Dio”) e, verso la fine, “Aremu Rindinèddha”, cantata in griko. Ma è difficile enucleare alcuni momenti da una serata durata quasi otto ore e caratterizzata da un continuo di emozioni. Meriti al maestro concertatore Ambrogio Sparagna, che con la sua energia e bravura estrema ha diretto e “capitanato” la serata; dalla mia postazione ho spesso osservato i volti di Clara Graziano all’organetto e di Mauro Durante ai tamburelli, coinvolti, sereni, appagati, le stesse sensazioni trasmesse al pubblico da un’Orchestra strepitosa. Mi sono trovato sotto il palco insieme al Presidente Nichi Vendola, indicibilmente orgoglioso della “sua” Puglia e a Sergio Blasi, sindaco di Melpignano, il quale mi ha detto una cosa bellissima: “il mondo ha bisogno di cambiare, il mondo ha bisogno di dialogare: noi qui lo sappiamo e lo facciamo, concretamente, tracciando rotte utili al nostro domani, per contrastare una contemporaneità pervasa da un senso di profonda paura, di stanchezza, di non fiducia: un invito quindi a un diverso guardare, a una festa che guarisce, allevia i timori e le malinconie”. L’organizzazione della serata, i servizi offerti, i trasporti, tutto ha dimostrato, se mai ce n’era bisogno, che il sud, o quanto meno il Salento, non ha nulla da invidiare ad altre parti d’Italia, anzi ha cose da insegnare, a cominciare dalla riscoperta e dalla valorizzazione delle proprie tradizioni. La notte della Taranta è stata un’esperienza straordinaria, una notte unica e indimenticabile, una notte di grande affabulazione, di magia totale, di emozioni intensissime, un energico e arcaico desiderio di vita, una notte che ha abbracciato il passato ed ha allargato lo sguardo con più forza e fiducia nel futuro. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Melpignano (Le), spianata degli Agostiniani, il 26 agosto 2006