Macerata, teatro Lauro Rossi, “La notte delle lucciole” di Roberto Andò e Marco Baliani da Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini
TESTIMONI DEL PROPRIO TEMPO
Parlando della sua attività letteraria, Sciascia dice di “una materia saggistica che assume i modi del racconto”. Di ciò sono già testimonianza Le parrocchie di Regalpietra e Gli zii di Sicilia, dove spunti di cronaca assumono veste narrativa, ma gli esempi più compiuti sono Il giorno della civetta e A ciascuno il suo. Sciascia era maestro in una scuola elementare di Racalmuto (dall'esperienza nacque Le parrocchie di Regalpietra), anche questo porta lo scrittore a una lingua e a un taglio narrativo tesi a una lucida comunicazione. Eletto deputato al parlamento nazionale ed europeo negli anni Settanta, la sua presenza nella letteratura e nella società si fa ancora più viva, affrontando anche tragici episodi come la morte di Aldo Moro ne L'Affaire Moro. A tutta la sua produzione di Sciascia attingono Roberto Andò e Marco Baliani per il testo, ambientato nella scena di Gianni Carluccio fatta di banchi di scuola prima ammassati e poi disposti in una classe di ragazzi condannati all'ignoranza dalla fatica nella solfatara.
Si immagina Sciascia durante una notte di veglia dialogare a distanza con Pasolini sulla morte, “raccontare il morire come esperienza”: la sua, quella di Pasolini (emozionante la sua voce registrata), quella di Moro, quella delle lucciole, poiché “una lucciola ritorna dopo tanto tempo, al punto che sembrava un ricordo”. E la “notte delle lucciole” diventa un luogo metaforico: la morte si pone con la sua ineluttabilità ma ciò non ci esime dal confrontarci con le nostre responsabilità come cittadini, liberi di fronte al potere.
Sotto analisi finiscono la società e la politica. “L'onestà è una virtù soffocata”. La riflessione si estende alla pena di morte, al senso dell'onore, dello Stato, dell'essere cittadini. Non è taciuta la passione antifascista contro “l'eternamente possibile fascismo italiano”.
Il ruolo dello scrittore è rivelare il pensiero, impedendo che qualcuno lo nasconda: la parola è vicina all'azione. Sferzante è la critica al sistema politico italiano: la costituzione non esiste, perchè i tre poteri sono annullati nella partitocrazia che ha ucciso il parlamento ed i parlamentari non hanno più un proprio pensiero. Idee di spaventosa attualità che testimoniano un pensiero lucidissimo e acuto.
Emerge la situazione di disagio dei giovani e del maestro Sciascia in quella Racalmuto (significativa l'etimologia dall'arabo rahal mahaut, villaggio morto), in quegli anni in cui i ragazzi hanno fame e freddo, priorità rispetto all'apprendimento.
“Finchè c'è ingiustizia nel mondo, sempre rimane questo nodo di paura”. La pietà rimane il sentimento più alto, ma quello che lo scrittore prova è disillusione: “oggi non penso più che il mondo si possa cambiare”. Rimane il valore fondamentale della contraddizione: “di me vorrei si dicesse che ho contraddetto e che mi sono contraddetto”.
Una prova importante di Marco Baliani per un teatro di parola che impone agli spettatori di interrogarsi e di guardare alla realtà con spirito critico. Le parole sono pesanti come i sassi che i ragazzi portano in scena ammucchiandoli in proscenio. Gli spettatori, usciti da teatro, non possono smettere di interrogare e di interrogarsi.
Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 29 gennaio 2009
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Teatro Binotto di Villa Correr Pisani
di Montebelluna
(TV)