Prosa
LA PELLE

Un reportage dell’orrore, un …

Un reportage dell’orrore, un …
Un reportage dell’orrore, un racconto disincantato e feroce, la Pelle di Curzio Malaparte narra il disfacimento dell’umanità a causa della guerra. Nei panni del narratore c’è lui, Marco Baliani, attore regista, inventore del teatro di narrazione italiano, che conduce lo spettatore nei sobborghi di Napoli. Lo spettacolo si apre con un quadro: corpi nudi illuminati da una luce caravaggesca. L’iconografia ricorda sia Caravaggio, autore proprio a Napoli delle Sette opere di Misericordia, che Jacques-Louis David. David infatti proprio nel corso di un viaggio a Napoli delineò il suo stile, ammirando le opere di artisti italiani quali Caravaggio e Raffaello. Sulla scena, dunque, ai verdi della “Morte di Marat” vengono accostati i rossi de “Gli Orazi e i Curiazi” e sembra, da alcune pose che sono veri e propri quadri plastici, che il regista si ispiri alle deposizioni di Cristo della pittura rinascimentale. David è il pittore di Napoleone, della Rivoluzione francese ma anche della Peste, i suoi colori perciò sono adatti alla Napoli di Malaparte, la Napoli del secondo dopoguerra, una città in cui le mamme vendono i bambini, avviano alla prostituzione le figlie, e il vincitore violenta il vinto. Decadono i costumi, le leggi e i codici non hanno più alcun senso e l’unico stato possibile è lo stato di natura, dove tutto in nome della sopravvivenza è consentito. Torna alla mente l’episodio di Paisà di Rossellini, in cui il soldato americano di colore viene derubato delle scarpe dallo scugnizzo. Anche qui l’inglese si mescola al napoletano dando vita ad una lingua ibrida, violentata, la lingua dei vinti. Ed è proprio dalla parte dei vinti che si schiera Malaparte, raccontando la compravendita dei corpi, la decadenza del costume e la ferinitas dell’uomo violentato. Il vinto è annichilito e il vincitore se ne approfitta umiliandolo; la critica nei confronti degli americani è dura ma molto attuale, così come le considerazioni sugli europei, cumuli di carne, mera pelle senza anima né pudore. L’atmosfera della città partenopea descritta nel libro da Malaparte si ritrova in scena. Napoli con i suoi suoni, colori, il suo dialetto e la sua meschina allegria è la vera protagonista del dramma. Lo spettacolo di Baliani è intenso, doloroso, stupendo. Le recitazione sublime. Una performance da sindrome di Stendhal in cui nulla è lasciato al caso, nulla è fuori posto e ogni episodio, quadro, bozzetto naturalistico è così perfetto che il confine tra realtà e finzione si annulla e lo spettatore diviene parte dell’affresco.
Visto il
al Fraschini di Pavia (PV)