Lirica
LA PICCOLA VOLPE ASTUTA

La foresta incantata

La foresta incantata
Firenze, teatro Comunale, “La piccola volpe astuta” di Leóš Janáček LA FORESTA INCANTATA Uno dei poli della poetica di Leóš Janáček è la fiducia nella natura, sentita come fonte di vita libera ed autentica (l'altro è l'angosciata protesta contro la società borghese), motivo che trova espressione altissima ed irripetibile nella Piccola volpe astuta, composta nel 1924. Si narra la vicenda di una volpe giovane, catturata da un guardiacaccia che la porta a casa propria, dove la volpe fa strage di galline, dopo averle sobillate a ribellarsi. La volpe riesce a fuggire e a tornare nel bosco; incontra e si innamora di un maschio di volpe, con cui ha una numerosa prole. Un incontro sfortunato mette fine alla vita della nostra volpe, ma il guardiacaccia la cerca ancora e la riconosce in un volpacchiotto: cerca di afferrarla, invano. La vita della Natura continua, fra animali ed insetti. L'allestimento di Laurent Pelly descrive alla perfezione la dimensione favolistica dell'opera, senza peraltro tralasciare la componente umana. Il sipario è costituito da lunghe pennellate dorate in stile tardo-impressionista, delle arcate filamentose dorato rossastre nello stile di Gaetano Previati ma che rimandano all'andamento circolare di Van Gogh. A me ha ricordato, nell'immediatezza, un campo di grano, ma concordo con l'idea suggerita da Mauro Mariani dell'evocazione del pelo della volpe. Il motivo, oltre che essere nel sipario, è in tutte le quinte e nel fondale della scena. Parte essenziale della rappresentazione sono gli splendidi costumi zoomorfi dello stesso Laurent Pelly, che caratterizzano gli animali con dovizia di particolari ed appropriate movenze e gestualità (mosche, libellula, volpi, tasso, gallo, galline, civetta, grillo, picchio, zanzara, cavalletta). La scena di Barbara de Limburg Stirum è costituita da una specie di “fetta” di terra, una zolla, come una sezione della Terra, un elemento modulare che di volta in volta si adatta alle varie situazioni, dal bosco alla casa del guardiacaccia, dalla tana del tasso alla locanda. Particolarmente efficace il fatto che si ha l'idea di un doppio mondo, quello “sotterraneo” degli animali e quello “superficiale” degli umani. Pelly descrive un mondo in cui gli animali hanno la stessa dignità (e le stesse dimensioni fisiche) degli esseri umani, descritti da Janáček in modo archetipico (guardiacaccia, parroco, maestro), un mondo dove gli animali hanno gli stessi sentimenti e i medesimi istinti e pulsioni degli uomini (dall'amore alla minzione). Così da esaltare il dubbio del guardiacaccia: “E' fiaba o realtà? Fiaba o realtà?”. La forza della regia è nell'avere guardato all'opera con infinita tenerezza, quasi come a un cartone di Walt Disney e, al tempo stesso, di avere proposto un mondo realistico e poetico che diventa in inno alla vita e alla natura, anzi alla vita in profonda comunione e in totale sintonia con la natura. Come nelle intenzioni del compositore, Pelly rappresenta la volpe come emblematica del percorso umano, della vita tra razionalità ed emotività. Fino al finale, di grande respiro panico: “seguendo il ritmo delle stagioni e dei giorni, questa piccola fiaba, questo intreccio insieme enigmatico e semplice, questa favola senza una morale, questo sogno fantastico, è una grande “storia”, è la storia della vita. Nulla si perde, tutto si ricrea; qualunque cosa accada, la vita continua” (così nelle note di regia). Insomma animali e uomini “prigionieri” della stessa “realtà”, in cui tutto si ripete e si rinnova, ciclicamente, eternamente. Un ripetersi della Natura visto in senso non tanto meccanicistico (come in Lucrezio) quanto sentimentale (come in Seneca), con sempre presente l'elegia bucolica virgiliana. Lo spettacolo è tutto molto bello e riuscito. Alcuni momenti sono particolarmente poetici: la volpe dorme e sogna, sul muro della casa si allunga la sua ombra con le orecchie appuntite, poi l'ombra si trasforma in ombra di una donna dai lunghi capelli. Oppure l'uccisione della volpe, con il sipario che, lentamente, si abbassa. Al lirismo di alcune scene si accompagna il realismo dei comportamenti animali, lo svolazzare degli insetti, la zanzara che succhia sangue al gaurdiacaccia addormentato, il cane che fa pipì per segnare il territorio, la volpe che fa pipì per scacciare il tasso dalla tana scavata sotto terra, lo spulciarsi. Contribuiscono in modo determinante alla riuscita della messa in scena le luci perfette di Peter van Praet e, soprattutto, le coreografie di Lionel Hoche, che ricreano le movenze degli animali in modo poetico ed efficacissimo. Seiji Ozawa dirige in modo ottimo la ottima orchestra del Maggio, evocando i momenti di profondo lirismo che trasmettono quell'ininterrotto mormorio della foresta che aveva identificato Massimo Mila nella partitura. L'intensità lirica della musica viene riprodotta con grande cura strumentale, evidenziandone la varietà coloristica e la stretta connessione con il canto, uno dei pregi della musica di Janáček. Ozawa accentua il danzante dipanarsi delle note, regolandole con mano precisa e naturale in modo da farla coincidere alla perfezione con i dati registici e coreografici. Il Maestro esalta l'andamento tratteggiato della partitura che riprende e ripete i respiri della Natura, i gesti-versi degli animali, il ritmo del parlato moravo dell'uomo. Uno dei vertici è indubbiamente il duetto fra le volpi nel secondo atto, reso qui in modo mirabile, emozionante. Partecipano al risultato positivo il coro del Maggio preparato da Piero Monti, i solisti di MaggioDanza e i Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo. Adeguati tutti i numerosi protagonisti, che citiamo in ordine di locandina: Quinn Kelsey (il guardiacaccia), Judith Christin (moglie del guardiacaccia / civetta), Dennis Petersen (maestro di scuola / zanzara), Kevin Langan (parroco / tasso), Gustav Belacen (Harasta), Federico Lepre (Pasek), Isabel Bayrakdarian (volpe astuta), Marcella Polidori (signora Paskova), Lauren Curnow (maschio di volpe), Eleonora Bravi (la piccola volpe astuta), Elena Mascii (Frantik), Riccardo Zurlo (Pepik), Marie Lenormand (cane), Mayumi Kuroki (gallo / ghiandaia), Sabrina Testa (gallina), Gregorio Spotti (grillo), Ariel Bicchierai (cavalletta), Gaia Dolfi (piccola rana), Tiziana Tramonti (picchio), Leone Barilli (libellula). Con loro le galline (Elena Cavini, Gabriella Cecchi, Laura Lensi, Delia Palmieri, Sarina Rausa, Maria Rosaria Rossini, Maria Livia Sponton, Nadia Sturalese), le piccole volpi (Carlotta Favino, Elena Mascii, Eleonora Bravi, Alessia Marchiani, Riccardo Zurlo, Pietro Achatz Antonelli), le mosche (Paola Fazioli, Kristina Grigorova, Margherita Mana, Gaia Mazzeranghi, Christine Vezzani, Judith Vincent, Paolo Arcangeli, Michelangelo Chelucci, Cristiano Colangelo, Antonio Guadagno, Zhani Lukaj, Pierangelo Preziosa). La Volpe astuta veniva rappresentata a Firenze per la prima volta. Teatro esaurito, pubblico partecipe ed entusiasta, rapito dallo spettacolo; molti applausi alla fine, soprattutto per il direttore Ozawa. Visto a Firenze, teatro Comunale, il 15 novembre 2009 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)