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LA PRIMA VOLTA

<i>La prima volta</i>: ironia e ambiguità

<i>La prima volta</i>: ironia e ambiguità
Ha debuttato ieri, al Belli di Roma La prima volta di Michal Walczak, uno dei più noti e prolifici autori della nuova generazione polacca, primo spettacolo della rassegna Trend nuove frontiere della scena europea -Polonia giunta alla VII edizione, curata da Adriana Martino e Antonio Salines.
Lo spettacolo racconta di una visita. Nel cuore della notte lui va a trovare lei, rispondendo a una sua chiamata improvvisa. Lui è in ritardo, zuppo di pioggia e di sudore, timidissimo. Non riesce a varcare la soglia di casa. Lei, affettatissima, sembra più imbarazzata di lui, ma sa il fatto suo, lo invita, poi lo respinge, lo prende in giro perché lui non si decide a varcare la soglia di casa (entro?). Chi conduce il gioco? Chi è il vero manipolatore fra i due? Man mano chela pantomima va avanti piccoli slittamenti di senso fanno propendere ora
per una ora per l'altra soluzione. Intanto capiamo che l'incontro è organizzato, programmato, è un gioco, meglio, una improvvisazione a tema, voluta da lei alla ricerca della perfezione della prima volta o da lui troppo ossequioso nei suoi confronti per essere sinceramente a sua disposizione? Fino all'evolvere imprevisto della situazione e a un colpo di scena finale, improvviso e subitaneo che sa quasi di barzelletta.
Un testo ben scritto, che richiede una enorme presenza di spirito da parte dei due attori interpreti. E se Francesco Meoni è bravissimo nel restituire le insicurezze maschili che celano però ben altre sorprese, Valentina Martino Ghiglia è magnifica nel giocare alla donna capricciosa, intelligente, dispettosa, sadica, fintamente insicura ma in realtà ben consapevole di quel che vuole.
La prima volta che nel 2006 ha vinto il primo premio al the Forum for Young Authors all'Heidelberger Stückemarkt è un testo che si sta facendo conoscere in tutta Europa, già tradotto in tedesco, in francese e ora anche in Italiano.
L'unico scarto in questa messa in scena italiana rispetto il testo originale riguarda l'età dei due interpreti, giovani ma adulti laddove il testo prevede due adolescenti (lo si capisce nel finale della pièce quando lei ricordando quanto successo tra loro due adduce come giustificazione una giovanissima età) un cambiamento non da poco che ne muta profondamente il significato. Quei vezzi di lei, i suoi repentini cambiamenti d'umore, l'imbranataggine di lui e la sua reazione successiva, compiuti da due adolescenti sono tentativi impacciati di essere adulti, e suscitano tenerezza mentre se sono fatti da due adulti, per quanto giovani, danno più un senso di grottesca inadeguatezza alla vita gettando sullo spettacolo una luce crepuscolare e nostalgica su una infanzia che da un lato non si è saputa vivere con spontaneità e che si rincorre ancora con la vaga consapevolezza di averla sciupata per sempre.
Una buona prova per gli attori, qualche imprecisione per la regia (sopratutto nel dar le luci) che si perdonano a una prima e che sicuramente saranno affinate nelle repliche successive.
Uno spettacolo da vedere per la bravura degli attori e per la novità di un testo strano, malinconico, semplice eppure mai banale.
Visto il
al Belli di Roma (RM)