Interno borghese, giorno. In una scenografia evanescente e impalpabile, solo pochi mobili bianchi, due porte e una finestra. In questo ambiente sospeso nel tempo, sempre uguale, immutabile, a tratti claustrofobico, si aggirano i componenti della famiglia Chierici e alcuni visitatori. La peculiarità dei personaggi di questa commedia amara sveviana è di essere sempre fuori posto, dire sempre parole che non vorrebbero o non dovrebbero dire, creando fastidio e insofferenza in coloro che li circondano, ma estrema ilarità nel pubblico in sala.
Sono inseriti in un rituale inalterabile di gesti e parole che risultano sgradevoli a tutti, ma nessuno osa opporsi, per non spezzare il continuum in cui sono immersi. Anna, la moglie, è occupata, da mattina a sera, a nutrire e osservare gli animali nel giardino, assillando la cameriera Rita perché la accompagni nella sua attività; Emma, la figlia, si dedica all’ostentazione del lutto e del dolore per la perdita del marito Valentino, morto di senilità precoce, quasi volesse impedire agli altri componenti della famiglia di continuare a vivere; il Biggioni, suo pretendente, vive nella speranza che ella dimentichi il defunto e si risposi, ma non riesce a fare altro che rendersi fastidioso, petulante, ossessivo, con la sua presenza opprimente nella casa e le continue gaffe sul morto; Guido, il nipote, è alla continua ricerca di denaro e benché tutti apparentemente lo tengano in considerazione, nessuno si fida delle sue scarse capacità di studente in medicina; Giovanni, il marito, è un anziano abitudinario, intrappolato nella routine quotidiana, fatta di passeggiate col nipotino Umbertino e sonnellini sulla sua poltrona preferita.
La monotonia di questa vita sospesa, di questa non vita, si spezza per sempre il giorno in cui Giovanni decide di sottoporsi all’operazione del ringiovanimento, nella speranza di potere allontanarsi da una vecchiaia disprezzata da tutti e avvicinarsi al luminoso e stimato mondo dei giovani. L’operazione riesce, ma non tanto nell’aspetto di Giovanni, quanto nel suo comportamento, nel suo carattere. Uscito dalla quotidianità fino ad allora vissuta, inizia una nuova vita fatta di cura di sé e sogni a occhi aperti. Il velo della sua esistenza si è squarciato per sempre e Giovanni ha la possibilità di rivivere e riesaminare i punti nodali della propria vita, le scelte, i riti di passaggio, che lo hanno reso ciò che è. Si scopre intrappolato in un mondo che forse, ora, non avrebbe più scelto, con una moglie che gli ricorda le donne a cui ha rinunciato, con una famiglia che, forse, non avrebbe voluto. È una giovinezza mentale quella che gli viene offerta dall’operazione, ma non basta per convincere gli altri, né per cambiare il presente e tutta la sua vita.
La scena finale, con Giovanni che agita una falce in un campo di grano, sembra richiamare il ciclo delle stagioni, l’immutabile vita dell’uomo nello stato di natura, nella continua ripetizione di gesti antichi ed eterni. È la rinuncia al cambiamento, alla giovinezza, all’annullamento del presente per un nuovo futuro.
Il testo di Svevo vive da solo, non ha bisogno di orpelli, grandi scenografie, costumi sfarzosi. Ha però bisogno di attori capaci di dare vita alla grottesca messa in scena di una rinuncia; attori capaci di essere sempre diversi pur continuando a compiere le stesse azioni; capaci di essere esilaranti pronunciando battute amare, a volte tragiche. La compagnia riunita dallo Stabile del Friuli-Venezia Giulia e da A. Artisti Associati è perfetta nella creazione di queste dinamiche, ma Gianrico Tedeschi è addirittura strepitoso nella sua interpretazione di Giovanni. La sua spontaneità, la sua grande arte scenica, le tonalità della voce, i tempi e le pause dosati con perizia infinita lo fanno spiccare su tutti. È proprio lui il vecchio-giovane o il giovane-vecchio della commedia; un attore anziano capace di ridiventare giovane nell’arco di uno spettacolo.
Assolutamente da vedere, per il testo di Svevo, per il ritmo esilarante imposto da un gruppo di bravi attori ben affiatati, ma soprattutto per la maestria straordinaria di Gianrico Tedeschi.
Bergamo, Teatro Donizetti, 29 marzo 2008
Visto il
al
Carignano
di Torino
(TO)