Prosa
LA RIGENERAZIONE

LA PAURA DELLA VECCHIAIA N…

LA PAURA DELLA VECCHIAIA

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LA PAURA DELLA VECCHIAIA Nel 1960 vengono pubblicate le commedie di Italo Svevo (molto dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1928), sei testi per lo più incentrati sul classico triangolo borghese, la coppia e l'amante, da lui però descritto attraverso l'ironia e il paradosso ed intrecciato ai temi della malattia e della salute, della vecchiaia e della giovinezza. Il lavoro più conosciuto è “Un marito”; ora il teatro stabile del Friuli Venezia Giulia porta in scena “La rigenerazione”, nell'adattamento di Nicola Fano. La scena di Pier Paolo Bisleri è costituita da tre pareti grigie e spoglie, mentre i costumi di Stefano Nicolao la ambientano fra Otto e Novecento. La storia narra di Emma, vedova e giovane, chiusa alla vita nonostante un assiduo spasimante, petulante e inopportuno di cui gioisce Anna, madre di Emma: a lui suggerisce riserbo e costanza per conquistare la figlia. A Giovanni, padrone di casa (marito di Anna e padre di Emma) viene proposto di ringiovanire tramite un'operazione innovativa. Giovanni accetta di sottoporsi all'operazione, tentato da “una seconda giovinezza: la prima per fare i guadagni, la seconda per spenderli”. Infatti il mondo è scomposto, “non c'è posto per i vecchi nel mondo moderno”, la vecchiaia è vissuta come solitudine. Ma il sogno è non tanto riacquistare la giovinezza, quanto la libertà personale. Giovanni è titubante per il ringiovanimento perchè, sostiene, “chi mi dice che l'operazione non mi apporti delle qualità che disonorino i miei capelli bianchi?” E quanto temuto puntualmente accade. Il vecchio, un tempo saggio e affidabile, ha perso l'altruismo e la capacità affettiva, pensa solo a sé e a correre dietro alla serva di casa, compromettendone l'onore. L'operazione era ovviamente una farsa per spillare soldi, ma Giovanni vuole sentirsi “il padrone delle donne”. Però il “vecchio ringiovanito” non è bene accetto in famiglia; Emma decide di andarsene: il suo bambino deve avere vicino un vecchio come buon esempio e non un giovane irresponsabile. La commedia non ha una vera fine perchè l'ultima scena è un sogno in cui il protagonista dichiara di amare ancora la moglie Anna. Se il primo atto si lascia ben seguire, il secondo si impantana nei dialoghi fra Giovanni e la serva Rita. La regia di Calenda è attenta ai movimenti degli attori ma non riesce ad imprimere il sufficiente moto nella seconda parte, sentita dal pubblico come eccessivamente lunga. Non necessario all'azione scenica è parso il nudo integrale sul finire del primo atto. Eccellente Gianrico Tedeschi, un Giovanni elegante e misurato, ironico e sarcastico. Buona la prova accanto a lui di Valeria Ciangottini nei panni della moglie Anna. Con loro molti comprimari in una girandola di caratteri che confermano la capacità di Svevo di guardare la società dell'epoca criticamente e consapevolmente, fornendo chiavi di lettura anche dell'oggi. Diversi posti vuoti a teatro, alla fine applausi calorosi soprattutto per il protagonista. Visto a San Severino Marche (MC), teatro Feronia, il 25 febbraio 2009
Visto il
al Carignano di Torino (TO)