Lirica
LA RONDINE

Venezia, Teatro La Fenice, “L…

Venezia, Teatro La Fenice, “L…
Venezia, Teatro La Fenice, “La rondine” di Giacomo Puccini Una Rondine che decolla La Rondine di Puccini è stata a lungo ritenuta un’opera ibrida di scarso valore, bollata come operetta o “Traviata dei poveri “ e solo in tempi recenti è stata rivalutata e riproposta con maggiore attenzione. Si tratta di un’opera comica (nell’accezione francese del temine) di grande modernità musicale e tematica, in cui Puccini sembra riflettere sulla propria poetica con atteggiamento ironico per congedarsi dalle eroine votate alla morte e dal mondo dei buoni sentimenti in linea con l’estetica del Novecento. La protagonista rinuncia all’amore eterno adducendo motivi d’ordine “morale” , in realtà perché non se la sente di rinchiudersi in un amore “sentimentale” percepito come soffocante e demodé. La partitura è elegante, raffinata, moderna (con evidenti rimandi alla musica francese e soprattutto a quella viennese del Rosenkavalier), le grandi arcate melodiche si frantumano polverizzandosi in un’orchestrazione leggera dove si innestano incisi melodici, ritmi diversi, ballabili di natura eterogenea, per creare una tavolozza varia e brillante. La ripresa ciclica dei temi dà un senso di déjà vu che blocca ogni possibile sviluppo, Magda è incapace di vivere il presente e si rifugia nella nostalgia di un passato inconsistente, contemplando l’evaporarsi del sogno d’amore con una malinconia leggera leggera, quasi un sospiro di sollievo. Per la sua notevole souplesse e ironia la Rondine è stata proposta alla Fenice in apertura di stagione in concomitanza del Carnevale, ma anche per contribuire alla valorizzazione di un’ opera dalle molteplici soluzioni espressive, ricca di spunti e ambiguità . Un modo originale per iniziare le celebrazioni pucciniane. Il regista Graham Vick traspone la vicenda negli anni ’50 , la scelta è assolutamente azzeccata in quanto l’ambiente patinato e cinematografico di quegli anni accentua ulteriormente il clima “da grande illusione “ e la leggerezza pervasa da sottile cinismo che accompagnano l’opera. Il fatuo mondo di Magda, la mantenuta che rinuncia al sogno/illusione d’ amore, sono ben evocati da un mondo di vuote apparenze dorate dove si muovono con grande naturalezza i personaggi che sembrano usciti da una commedia brillante sorseggiando whisky, incrociando le gambe su divani kitsch per spettegolare nel fruscio di eleganti vestiti di taffettà sotto l’occhio discreto dei camerieri. II cafè Bullier è un furgone- bar parcheggiato in una sorta di luna park /drive-in costellato da palloncini colorati e festose luminarie animato da una folla scatenata di ballerini acrobatici dagli abiti fantasiosi e variopinti. Sembra un musical, come peraltro suggerisce la musica di Puccini che accosta il tradizionale valzer alle danze moderne: fox–trot, tango, one–step. Una passerella praticabile collocata sulla parte alta della scena consente un suggestivo effetto moltiplicatore dei movimenti e delle danze con Magda che guarda dall’alto stretta a Ruggero il sogno colorato di un amore gioioso. Il terzo atto si svolge in una grande terrazza in riva al mare rivolta verso un cielo azzurro dalle nubi ovattate, cielo della finzione che crollerà con un iperrealistico tonfo nel momento dell’abbandono mostrando un buco nero in cui si dileguerà la rondine: nient’altro che l’uscita di un garage dove fuori aspetta Rambaldo: “diamonds are the girl’s best friends “. Ci sono tanti flash di Marilyn in questa Magda platinata e indecisa, che alza il vestito per scoprire le gambe in un accenno di danza, che si sfila i lunghi guanti per farsi leggere la mano, che inghiotte in modo furtivo una pasticca per paura di affrontare il presente, colta nella sua bellezza, malinconia e fragilità. E Maria Luigia Borsi restituisce a Magda tutta la leggerezza che il ruolo richiede, sia a livello vocale che drammatico, in piena sintonia con l’impostazione registica, con nonchalance da diva e modestia pudibonda anni ’50 in camicetta e golfino. La voce è di timbro gradevole, non particolarmente estesa, ma ben controllata e molto musicale e tutto questo contribuisce a rende il personaggio particolarmente interessante . Sandra Pastrana è Lisette, la frizzante cameriera che ricorda un po’ Audrey Hepburn per il fisico filiforme e la grazia spigliata che emana. Il personaggio è riuscito e s’impone sulla scena, anche se la voce tradisce qualche acuto fuori controllo. Fernando Portari interpreta Ruggero, l’innamorato abbandonato, dalla passione più stolta che disperata. Il cantante brasiliano non ha la naturalezza del resto del cast, ma funziona per suggerire la parte del giovane provinciale, impacciato e ingenuo che nella delusione amorosa diventa ridicolo. La voce è morbida e generosa, anche se l’eccessivo trasporto genera qualche imprecisione e forzatura nell’emissione . Emanuele Giannino è un convincente Prunier, alla voce lirica si aggiungono qualità da caratterista, buona dizione e gusto nel fraseggio, indispensabili per tratteggiare il disincantato poeta la cui parte prevede svariate incursioni nel parlato. Se pur nella brevità della parte convince Stefano Antonucci, Rambaldo, per bellezza di timbro e presenza scenica, l’uomo di mondo un po’ blasé che conosce le donne e il potere dei soldi. L’aspetto leggero dell’opera, pienamente colto dalla regia, non è stato supportato da un’ altrettanto convincente direzione musicale. La direzione di Carlo Rizzi è troppo pesante e manca di quella levità necessaria a mettere in rilievo la strumentazione vaporosa che è la cifra della fatuità che impregna l’opera. Rizzi coglie l’inquietudine, ma la risolve in modo plateale ed enfatico e non riesce a mettere in risalto tutte le potenzialità, e varietà, della brillante partitura. Uno spettacolo da vedere e godere, divertente, scorrevole, sottile, che lascia soddisfatti e fa volare la Rondine un po’ più in alto. Visto a Venezia, Teatro La Fenice, il 3/02/2008 Ilaria Bellini
Visto il
al La Fenice di Venezia (VE)