L’XI edizione del festival jesino ha proposto la prima opera e l’ultima seria di Pergolesi nel progetto dell’esecuzione integrale in occasione dei trecento anni dalla nascita del compositore. Seppur scritte nel volgere di pochi anni ed entrambe interessanti, si comprende anche ad un primo ascolto la maturazione del giovanissimo Pergolesi: La Salustia ha diverse arie interessanti (come il quartetto del finale secondo), L’Olimpiade è un’opera splendida nella sua interezza.
Per La Salustia lo scenografo Benito Leonori ha immaginato due serie di arcate in pietra grigia sovrapposte (che ricordano la Felsenreitschuledi Salisburgo) coronate da una balaustra in pietra in rovina per alcuni tratti, una scena efficace che consente al contempo interno ed esterno. I costumi di Vanessa Sannino situano l’azione nel Settecento e non nell’epoca romana del libretto, aumentando il senso del teatro nel teatro che però la regia di Juliette Deschamps non riesce a vivacizzare. L’idea del manifesto del festival (la scultura di Pergolesi del corso di Jesi vestita in costume settecentesco ma con i jeans) pare dare l’avvio all’azione, coi protagonisti in abiti contemporanei che sul palco si vestono con gli abiti di scena presi da un baule. Sul muro Alessandro scrive con un gesso nero “Salustia”, poi un servo dell’imperatrice madre lo cancella per scrivere “Giulia” (nome che diventerà un bersaglio). Man mano che la vicenda avanza aumentano i tocchi di rosso sangue nei costumi e nella scena (coi fogli di carta che svolazzano come foglie in autunno), stemperato dalla presenza di giocolieri circensi. L’atmosfera è giustamente poco realistica: per questo hanno convinto di meno i momenti in cui Giulia torna dal mercato coi pesci in mano e la presenza di una gallina viva che passa di mano in mano. La scena delle terme è resa con comparse avvolte in asciugamani che si sventolano e fumi generosi.
La parte musicale è affidata a Corrado Rovaris, che dirige con mano sicura l’Accademia Barocca de I Virtuosi Italiani su strumenti originali. Nel cast si è distinta Laura Polverelli (Giulia Mammea), una imperatrice madre di grande temperamento e dalla vocalità matura ed espressiva, sia nella tensione con la nuora che nel rapporto difficile con il figlio. Serena Malfi affronta il ruolo del titolo senza incertezze. Giacinta Nicotra gioca coi travestimenti di Albina e la voce è corretta. Sinuosa e intrigante la voce di Florin Cezar Ouatu (Alessandro). Con loro Vittorio Prato (Marziano) e Maria Hinojosa Montenegro (Claudio).
Il pubblico, numericamente non rilevante, ha cercato di resistere al caldo con ventagli e ventilatori e applaudito generosamente.
Decisamente più particolare e convincente l’allestimento dell’Olimpiade nell’ex chiesa di San Floriano, spazio ellittico che condiziona la pedana centrale creata da Luigi Scoglio che si allarga in mezzo al pubblico con quattro passerelle (e così è il pubblico ad incunearsi nel palco). Molto suggestive le quattro installazioni angolari che vengono scoperte a momenti, grandi tronchi di tubi e fili d’acciaio illuminati di verde da Patrick Latronica a evocare la situazione bucolica. Splendidi i costumi curatissimi nei dettagli di Ruggero Vitrani, che rimandano al Settecento ma con un’impronta decisamente originale, soprattutto nei colori che ricollegano i personaggi nell’intricata vicenda; le parrucche si ispirano al punk. Italo Nunziata ha cercato di dipanare il plot affidandosi a movimenti contenuti e gesti efficaci in una scena nuda solo con l’ausilio di grate, specchi e poco altro. Basta un telo steso a terra ed agitato dalle comparse (valletti in divisa con maschere a renderne anonimi i tratti) per evocare il mare sferzato da impetuosi venti nell’aria di Aminta “Siam navi all’onde algenti”. Bastano due fioretti (a Jesi quasi l’emblema cittadino) a creare la tensione delle gare olimpiche. Il bellissimo libretto di Metastasio fa il resto.
Alessandro De Marchi dirige ottimamente l’Academia Montis Regalis, i cui strumenti originali risuonano nell’altar maggiore e in una tribuna laterale (terzo atto) con effetto assai suggestivo e piena padronanza di tempi e suoni. Adeguato il cast. Sofia Soloviy è un Megacle vocalmente potente. Jennifer Rivera è un Licida coraggioso e sentimentale che non teme le salite all’acuto. Raul Gimenez prova a risolvere con l’esperienza le difficoltà del ruolo di Clistene. Difficoltà invece non trovano Lyubov Petrova (Aristea) e Yezabel Arias Fernandez (Argene). In abito clericaleggiante Antonio Lozano e Milena Storti: il primo (Aminta) è saldo nel registro centrale e rigido nei tratti del volto, la seconda (Alcandro) non teme gli abissi della partitura.
Pubblico catturato da location e rappresentazione, molti applausi durante la recita e nel finale.
Oltre ai concerti, il festival 2011 ha anche proposto la Serva padrona in originale dittico con “Atto senza parole” di Samuel Beckett per la regia di Henning Brockhaus al teatro Pergolesi per una recita. La Fondazione Pergolesi Spontini ha pubblicato un volume sulle prime dieci edizioni del festival da utilizzare come fonte di archivio per tutti gli appassionati.
La Salustia: visto a Jesi, teatro Pergolesi, il 04 settembre 2011
L’Olimpiade: visto a Jesi, teatro Moriconi, l’8 settembre 2011