Genova, teatro Carlo Felice, “La Sonnambula” di Vincenzo Bellini
AMINA E IL RAGGIO VERDE
Revocato lo sciopero e raggiunta una tregua (si spera definitiva), è andata in scena a Genova la produzione di Sonnambula di Patrick Mailler del Teatro de la Maestranza di Siviglia, spettacolo essenziale e raffinato, onirico ma anche ironico. Dell’ambientazione pastorale restano solo tre alberi stilizzati e metallici e qualche pecorella smarrita in una scena incolore che declina tutti i toni del grigio di un inverno metaforico su cui cala una fitta nebbia. Gesti e vestiti suggeriscono una datazione anni ‘50: cappelli, guantini, borsette, tailleur bon-ton in bianco e nero in cui si mescolano con gusto da couturier righe, pois e quadretti, coordinati perfino con la carta dei regali di nozze per ricreare con ironia un ambiente sociale ottuso e conformista, dal perbenismo stupido attento alle apparenze.
Amina è un uccellino in gabbia, una fragile creatura che esce da un guscio sferico di tulle e metallo girevole come un mappamondo, una bolla che la isola e al tempo stesso la protegge dalla mediocrità. Amina vive in un mondo “altro”, creatura eterea e virtuosa, ma fondamentalmente incompresa e diversa, spiata e condannata da un coro onnipresente e un po’ voyeur chiuso come un bozzolo e dal forte istinto gregario. Nella vita reale Amina è confinata ad un destino da casalinga, angelo del focolare che stira in cucina fra pacchi dono ed elettrodomestici da boom economico duettando con un Elvino, monocorde e geloso estraneo a sensibilità e freschezza. Proviamo un po’ di pena per il destino che attende Amina e di cui lei ignora il grigiore e comprendiamo perché si rifugi in un delirio onirico in cui è libera di esprimere la sua vera personalità. Giochi di luce caratterizzano i momenti di sonnambulismo, luci azzurrine che lambiscono come onde, con grande poesia, il guscio da cui esce con passo leggero la fanciulla sognante; ” Ah non credea mirarti” è accompagnato da un fascio luminoso, una luce prismatica verde ed accecante che investe la platea creando un effetto ipnotico, ma che inevitabilmente disturba, distogliendo dalla magia del puro canto. Il risveglio è il momento del disgelo, il coro si veste di abiti coloratissimi, dal pavimento spicca in volo un bianco lenzuolo (ecco il fantasma) che scopre un prato verde e primaverile, mentre cala un cielo di sfondo che più azzurro non si può per festeggiare il trionfo di Amina e della sua cabaletta.
La giovanissima Nino Machaidze, da poco perfezionata alla scuola della Scala ma già avviata a una promettente carriera internazionale, ha sostituito Mariola Cantarero in tutte le repliche e si è fatta notare, oltre che per il canto espressivo, per la classe innata, conferendo ad Amina grazia, delicatezza e fragilità. La voce leggera e con qualche asperità ha acquisito maggiore rotondità e fluidità nel progredire dell’opera e, al di là della tecnica ancora perfettibile, ne è risultata un’ Amina coinvolgente, dal canto malinconico e soave.
José Bros ha voce di bel timbro e dalla linea pulita, canta correttamente ed è attento a dare diverso peso e giusto senso alle parole, ma alle prese con una tessitura così acuta come quella di Elvino la voce è apparsa piuttosto nasale.
Convincente Carlo Colombara, un Conte Rodolfo nobile ed autorevole dalla voce morbida, che per il gusto e sentimento con cui ha eseguito la sua grande aria ha riscosso favori unanimi.
Particolarmente spigliata la Lisa di Barbara Bargnesi che con voce piena ha dato giusto rilievo a un personaggio tutt’altro che secondario. Nicoletta Curiel è una Teresa iperprotettiva, corretto Carlo Striuli nel ruolo di Alessio.
Intemperanze gestuali a parte, Daniel Oren ha offerto una lettura attenta e misurata, privilegiando tempi lenti e sognanti, dai bei piani ed efficaci smorzature per favorire i cantanti e dare spazio ad ariosi e colorature. Palpabile l’intesa coi cantanti e con l’orchestra che ha risposto in modo coerente fornendo un valido appoggio al canto.
Complessivamente buona la prova del coro, delicato e incline al raccoglimento, che, con morbido melodizzare, restituisce il clima elegiaco e sognante.
Il pubblico genovese, piuttosto perplesso per la regia poco bucolica, ha applaudito con convinzione e per tutta la durata dello spettacolo la protagonista, contribuendo alla sua ascesa.
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 29/04/08
Ilaria Bellini
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)