Lirica
LA SONNAMBULA

La Sonnambula: un dramma dell’incomunicabilità

La Sonnambula
La Sonnambula © Edoardo Piva

Nonostante la resa piuttosto statica dell'allestimento, La Sonnambula stabilisce la piena maturità artistica del compositore catanese, grazie a virtuosismi vocali e melodici che lo spettatore ascolta ammaliato.

Dopo un'assenza di oltre vent'anni dalle scene torinesi torna al Teatro Regio La Sonnambula di Vincenzo Bellini, nello storico allestimento del 1998 firmato da Mauro Avogadro, con le scene di Giacomo Andrico e i costumi di Giovanna Buzzi.
Sul podio, al suo debutto con l’orchestra dell’ente lirico torinese, Renato Balsadonna. La sua direzione d’orchestra, rispettando la partitura belliniana, risulta lineare, ma la resa all’ascolto non sembra adattarsi molto a un teatro d’opera, bensì a un ambiente piuttosto intimo e raccolto.

Dal canto suo, il coro diretto da Andrea Secchi assolve solo in parte la sua funzione di “personaggio”: ineccepibile dal punto di vista della resa vocale d’insieme, quando rappresenta sia la montagna incontaminata che parla, sia il chiacchiericcio di una piccola comunità di villici svizzeri; ma escludendo l’ingresso iniziale sul palcoscenico con l’acclamazione di giubilo per lo sposalizio imminente tra Amina ed Elvino (“Viva Amina!”), la sua presenza rimane marginale e piuttosto distratta sul palcoscenico. Ed è un peccato, considerando che il coro potrebbe essere l’elemento che più si presta al totale riempimento dello spazio scenico, inteso all’interno di un progetto scenografico più ampio che non si limiti a una mera rappresentazione idealizzata dell’idilliaco paesaggio svizzero.


Amina patologica

La visione registica di Mauro Avogadro va oltre la precisa volontà di Bellini di affermare, accentuandola, la purezza della protagonista. In questo allestimento, nel corso di due atti e un cambio scena, Amina subisce una discutibile, quanto interessante trasformazione: da candida eroina diventa una persona con disturbi relazionali, affetta da una patologia psichica – il sonnambulismo – che la rende diversa: la sua tormentata relazione con Elvino le procura un trauma profondo, che può essere sublimato solo trovando rifugio in una dimensione quasi ultraterrena tra sogno e realtà, con il conseguente allontanamento forzato dal promesso sposo e dall’intera comunità.
La Sonnambula è, dunque, un dramma sull’incomunicabilità: la protagonista cerca per tutta la durata dell’opera di farsi ascoltare dal suo amato, ma lui si scioglie solo nel finale. Un lieto fine repentino, di totale disincanto, con i due amanti che si sposano e tutto il villaggio a festeggiare il loro amore.


Come sonnambuli, fino all’ultima nota

Bellini resta conforme alla tradizione del cosiddetto belcanto, ampliandola con il gusto romantico molto familiare al pubblico ottocentesco. Il conflitto tra amore e senso del dovere e l’immancabile triangolo ingaggiato tra due innamorati e un basso-baritono (il conte Rodolfo, signore del villaggio) che si frappone tra loro sono gli elementi fondamentali per cogliere la psicologia dei personaggi.

Il virtuosismo espressivo che assume la voce della soprano Ekaterina Sadovnikova la colloca in una dimensione ultraterrena, confermando l’estro melodico di Bellini nel delicato equilibrio tra raffinatezza melodica e pathos. Antonino Siragusa, nel ruolo di Elvino, si pone con naturalezza in contrapposizione con Amina: gli atteggiamenti di sfiducia e gelosia di un fidanzato con l’esigenza di ritrovare nella donna amata le caratteristiche della madre defunta sono archetipi propri della società contadina.

Nicola Ulivieri si cala con il giusto distacco nei panni del conte Rodolfo, libertino illuminato, sensibile al fascino femminile, ma che ben conosce gli effetti del sonnambulismo: un personaggio che rimane ambiguo per tutto il primo atto, ma che assume una connotazione salvifica per Amina, instillando nello spettatore il dubbio di un legame di paternità con la controversa eroina. Infine, Daniela Cappiello è un’efficace e convincente Lisa, ostessa e amante di Elvino; ammiccante nel portamento, nella mimica e nella voce, esprime con la massima semplicità tutta l’invidia pronta a esplodere contro Amina, il cui candore non è comunque privo di contraddizioni.

Insomma, nonostante la resa piuttosto statica dell'allestimento, La Sonnambula stabilisce la piena maturità artistica del compositore catanese, grazie a virtuosismi vocali e melodici che lo spettatore ascolta ammaliato, come fosse un sonnambulo, fino all’ultima nota.

Visto il 10-04-2019
al Regio di Torino (TO)