LA STRADA FERRATA

Willie e Secondina. Una sicul…

Willie e Secondina. Una sicul…
Willie e Secondina. Una sicula, l'altra piemontese. Si incontrano su una linea ferroviaria abbandonata, compagne di giochi nella terra di Sicilia. Willlie è prepotente, dominatrice. Secondina, passiva aggressiva, si atteggia a saccente, ma non sempre dice cose esatte. Willie minaccia di danneggiare Berta, la bicicletta di Secondina che, per assecondarla, si presta a fare il cane ubbidiente. Willie e Secondina sono due ragazzine che parlano di argomenti più grandi di loro, sentiti magari in tv, letti sui giornali, o forse appresi in una vita poco generosa. Si confrontano in un gioco nel quale la posta non è solo il territorio ma la capacità di (ri)raccontarsi un passato immaginato, forse vero, forse no. Si dicono così l'un l'altra la propria imitologia. Willie, che non si separa mia dalla sua bambola di pezza Camilla, alla quale presta di tanto in tanto la voce, racconta (si inventa?) della sorella Alva, delle loro vicissitudini a San Berillo, il quartiere della prostituzione catanese, fiorito attorno alla base militare Nato di Sigonella. Secondina rincalza vagheggiando di una fuga dalla cantina di casa, in Piemonte, dove il padre la teneva rinchiusa per impedirle di rivelare un figlio segreto scoperto per caso (la foto di un ragazzino biondo che le somiglia, ma non è lei), forse suo fratello, per conoscere il quale Secondina è scesa dal Piemonte fino in Sicilia attraversando in bici il triangolo esoterico del Monferrato, le chiese con le messe nere, le colline, le risaie, alla ricerca di un fratello che non ha mai conosciuto. Le due ragazzine fingono di essere suore, ciclisti famosi, donne fatali, ballerine, cantanti, presentatrici tv; competono, litigano, minacciano di separarsi. Secondina ci prova, si allontana, torna. Alla fine si allontana definitivamente mentre Willie incontra qualcuno che vuole giocare, dinanzi al quale si spoglia (ma dopo mi porti a mangiare, che ho fame). Un racconto a-logico nel quale è prima difficile entrare e poi altrettanto difficile uscirne, un racconto forse con qualche lungaggine e ripetizione che servono, però, a dare spessore al dubbio fondamentale della pièce: fin quanto inventano, fin quanto raccontano le due ragazzine? E il racconto non è forse un modo (il modo) che tutti abbiamo per sistemare le invadenze di una vita difficile, di una famiglia violenta, di un vivere terribile, in Sicilia come in Piemonte, come a ricordare che l'Italia è accomunata dagli stessi problemi, che la famiglia è corrotta al nord quanto al sud? Una scrittura rapsodica frutto dell'improvvisazione delle due attrici Pamela Sabatini e Fiammetta Olivieri (che firmano il testo assieme alla regista) e che si sono ispirate anche a Proibito, l'atto unico di Tennessee Williams che racconta di una bambina prostituta che vive sul ciglio della ferrovia in seguito alla morte della sorella. Due attrici davvero grandi, nonostante la giovane età. Pamela Sabatini è sorprendente nella capacità che ha di costruire il personaggio di Willie con un accento che non è quello codificato dai clichè (come fa invece Fiammetta, a ragione, quando interpreta i vari personaggi che popolano una inventata tv locale) ma presenta un accento reale, plausibile. Si stenta a riconoscere in questa picciotta prepotente e furbetta la ragazza romana della pièce Brucia (altra produzione della compagnia Isola Teatro) andata in scena solo poche settimane fa al teatro Arvalia. Questo perchè Pamela è un'attrice vera e non solo una ragazza che mette a buon frutto una propria indole caratteriale, alla quale dà manforte Fiammetta Olivieri la cui verve interpretativa è tratto saliente di tutti gli attori (attrici) della compagnia, segno distintivo del percorso di ricerca della regista-fondatrice Marta Gilmore. La strada Ferrata è uno spettacolo che non fa della parola l'unico strumento del racconto teatrale ma impiega una performance fisica: nella pièce Secondina va in bici, Willie la obbliga a fare flessioni col pezzo di ringhiera che funge ora da strada ferrata, ora da strumento per fare flessioni, ora da ribalta, tv, ringhiera di balcone... Una fisicità mai fine a se stessa sostenuta dalla performance musicale di Fabio Guandalini musicista di strada, sempre presente in scena, che si fa sentire ora con una canzone che apre e chiude (quasi) la pièce, ora con l'intervento della chitarra, ora di un clarino, del didjeridoo, dalla musica folk a quella sacra, dal valzer al blues, persino due bicchieri per impiegare il classico suono del cristallo sfregato, a sottolineare un momento cruciale nel racconto delle due ragazzine. Una messa in scena totale (Pamela Canta, Fiammetta danza) alla quale contribuisce anche il disegno luci di Luca Barbati a sottolineare l'unico oggetto di scena oltre alla bici, la ringhiera multi funzione, o a cogliere un'espressione di Willie, un'esitazione di Secondina, una reazione del musicista che, quando non suona, a assiste al gioco delle due ragazze divertito, sorseggiando del vino dallo stesso bicchiere che poi suonerà. La strada ferrata è un testo che fa male come una coltellata nella sua inesorabilità, nel suo non lasciare adito a speranze, come a ribadire che, nonostante la poetica dell'invenzione, della storia raccontata sempre in maniera diversa, malgrado l'alone di mistero e ambiguità che dal palco scende fino in platea, le due ragazzine vivono in un mondo fatto di gesti e comportamenti dai precisi contorni. La strada ferrata è un altro tassello di un percorso di ricerca intelligente e umile, intrapreso dalla Compagnia, umile perchè non si atteggia a importante o a profondo, nonostante lo sia, e molto più di altre produzioni. Spettacolo finalista del Premio Scenario edizione 2007, replicato un po' in tutta Italia, già approdato a Roma, e ora riproposto, purtroppo solamente per due sere, al teatro Orangerie, dove ha chiuso, egregiamente, la rassegna Theatron di Teatro Civile e della Memoria. Roma, teatro dell'Orangerie 5 e 6 maggio 2009
Visto il
al Teatro No di Parma (PR)