L’idiosincrasia, la nevrosi, l’incapacità di comunicare: c’è in realtà un carico non da poco sotto la comicità leggera, perfetta, mai strabordante de La strana coppia, testo intramontabile di Neil Simon riportato sulle scene del Teatro della Gioventù da TKC, The Kitchen Company.
I ragazzi della compagnia non si lasciano spaventare dal peso – e del testo e dell'illustre precedente di Walter Mathau – e si impegnano in una resa scenica godibile, attenta, senza errori né sbavature, in cui nulla si perde del ritmo originario, rispetto all’infallibilità della macchina del tempo comico.
Anche aspettando da TKC, per la prossima stagione, un cartellone nuovo e variegato (più che gradito sarebbe in questo senso l’apporto di compagnie ospiti) questa “Strana coppia” si conferma per ora una scelta azzeccata rispetto a un buon compromesso tra tradizione e innovazione: da I ragazzi irresistibili allo Stabile, senza scordare l’Hotel Plaza Suite del Garage, il drammaturgo americano ha conosciuto a Genova una stagione fortunata di successi.
Forse per il suo sguardo leggero ma incisivo sui tic, le contraddizioni, le debolezze dei rapporti umani (dall’amicizia al matrimonio, con uno sguardo sempre incentrato sulla coppia, sul rapporto io – tu) Neil Simon non finisce mai di stupire, far ridere, commuovere. E così, con lui, sul palco del Teatro della Gioventù, la “strana coppia” di Oscar e Felix, disordinato seduttore l’uno, ossessivo e insicuro l’altro, entrambi provenienti da coppie (matrimoniali) scoppiate e così decisi a dividere casa, spese, destini di una nuova vita da single.
Attualissima rispetto al tema del “reinventarsi una vita” per i padri separati, la pièce propone un rapido climax di convivenza destinata a diventare invivibile ed esplosiva, nel rapporto implacabile e feroce tra i due protagonisti e in un riuscito coro di comprimari, dagli improbabili compagni di poker del venerdì sera, al delizioso duo femminile delle sorelle Chippendale.
Eppure, con lo sguardo clinico, attento, obiettivo del buon narratore, in scena appaiono anche, paradossalmente, i benefici che questa convivenza impossibile ha saputo produrre; perché l’ossessiva meticolosità domestica di Felix ha regalato a Oscar maggiore stabilità – e un rapporto più tranquillo con l’ex moglie – mentre l’incontenibile esuberanza di Oscar porta a Felix due ammiratrici irriducibili, che lo compensano delle umiliazioni subite dalla consorte Francis.
Ciò nonostante, il precario equilibrio tra un ossessionato della pulizia e un disordinato inguaribile è destinato a crollare presto; e così tra gag in crescendo esilarante e burrascosi alterchi in scena, con tanto di patetici inseguimenti ed addii, Felix e Oscar si lasciano, come in ogni distacco traumatico che si rispetti (e non a caso si salutano, alla fine, coi rispettivi nomi delle ex mogli).
Con una regia essenziale ma attenta, che in una certa lunghezza di pause e cambi scena mantiene comunque fedeltà rispetto all’originale americano, il prodotto portato sulla scena è uno spettacolo fruibile per tutti, come testimonia l’eterogenea presenza in sala, da anziani a bambini, senza contare i soliti fedelissimi spettatori della quarta parete.
L’allestimento scenico è ricco, studiato, si permette una certa abbondanza di particolari, quasi a voler ribadire quella particolare atmosfera di familiarità e casa che si respira un po’ ovunque, dal botteghino al foyer e che risulta così fondamentale alla base di un nuovo modello di marketing teatrale proposto dal Teatro della Gioventù; apparentemente, fa quasi sorridere l’intervento dell’ “impresario” che apre ogni recita con il suo discorso di benvenuto. In realtà, fa molto riflettere questo teatro che sopravvive alla concorrenza e alle stagioni con un’offerta di sola produzione (TKC non si finanzia con attività didattiche) interamente autorealizzata. Volendosi aprire a forme nuove, come la sit-com, TKC si propone di offrire un cartellone completo per la nuova stagione, con un programma intensivo di repliche, come questo in corso (o quello, ricordato dai più, di Rumori fuori scena”); in realtà, l’offerta per ora è centrata sul solo genere commedia, nel giusto intendimento, espliciatato al pubblico, di non sconfinare nel rischio “noia”, definito così sempre “in agguato nel teatro italiano”.
Eppure, noi sappiamo che, con TKC, la noia non è mai dietro l’angolo, anche se si dovesse trattare di tragedia greca; proprio per questo speriamo – osiamo sperare – in scelte nuove e più coraggiose, oltre le etichette di genere, sapendo che questo teatro ha tutte le carte in regole per affrontare nuove pièce, raccontando storie su altri palchi e in nuovi contesti.