Prosa
LA TEMPESTA

La poesia dell'essenziale

La poesia dell'essenziale

Essenzialità è la parola chiave di questo allestimento de La tempesta di Shakespeare per la regia di Valerio Binasco, un’essenzialità che va ben oltre quella delle scenografie, limitate a delle quinte rossicce volte a ricordare le rocce dell’isola su cui abitano Prospero e la figlia, o a quella degli oggetti di scena, ridotti a un paio di nodosi pezzi di legno, ma che è anche, e soprattutto, essenzialità dello spirito, incentrata totalmente sulla straordinaria capacità attoriale dei protagonisti cui toccherà il compito di evocare ambientazioni e situazioni nel modo maggiormente consono alla personalità di ognuno.

Ed ecco che al levarsi di sipario appare la figura di un Prospero-stregone, a terra, inginocchiato, tutto teso a suscitare la tempesta, evocando mentalmente le sue capacità magiche, affiancato soltanto da un Ariel stupito che a suo modo lo coadiuva. I rumori di sottofondo lentamente crescono e sui volti dei futuri naufraghi terrorizzati dall’arrivo del fortunale si dipinge tutta l’incertezza e la paura dell’uomo di fronte ad un destino fatale. Da lì la vicenda si dipana leggera, in una rielaborazione di fondo rispettosa del testo shakespeariano che punta soltanto su uno snellimento del linguaggio, reso qui più familiare. I costumi di Sandra Cardini si adeguano alla semplicità generale: giacca e cravatta per i naufraghi, abiti più quotidiani per i pochi abitanti dell’isola.

Valerio Binasco è un Prospero di grande intensità, burbero, a tratti rancoroso, vero demiurgo e tessitore della vicenda, autorevole e determinato a perseguire i propri scopi. Accanto a lui Deniz Ozdogan interpreta una Miranda fragile, capricciosa bambina, sognatrice e al contempo ribelle, che piange fin dall’inizio sulla sorte dei naviganti e si dispera ben presto al racconto che il padre le fa del passato e dell’esilio cui entrambi furono costretti. A coadiuvare Prospero c’è Fabio Contri nei panni di un Ariel anziano, tenero, svagato e tremebondo, dai tratti vagamente autistici che suscita magie e ingenera risate dal retrogusto malinconico. A completare la compagine degli abitanti dell’isola l’indimenticabile Calibano di Gianmaria Martini dalle fattezze e dal tono animalesco che si dimena senza mai alzarsi da terra gesticolando con una intensità e una bravura senza pari. Fattezze, atteggiamenti e gestualità dal vago sapore camorristico per il re di Napoli (Alberto Astorri) e gli altri della corte che, colpiti dall’incantesimo, vagano senza sosta per l’isola ripercorrendo sempre le stesse strade. Molto bravi e due servitori Stefano e Triculo, interpretati rispettivamente da Ivan Zerbinati e Sergio Romano, che costituiscono un buon duetto comico.

Nel rifiuto dell’uso della magia e nel perdono finale sta tutto il senso di un’esistenza che deve puntare all’accettazione della sofferenza e all’armonia con il mondo circostante, senza velleità di vendetta e aspirazioni vane a glorie caduche.

Visto il 19-03-2014
al Ponchielli di Cremona (CR)