Genova, teatro Carlo Felice
TRAVIATA IN FRIGORIFERO
La Traviata apparve ai contemporanei segnata da tratti di modernità quasi rivoluzionari, proponendo una vicenda di fortissimo impatto, che prospettava molte tematiche affiancate e sovrapposte: la figura della donna perduta, che trova la redenzione dal suo passato attraverso l’amore; il conflitto tra sentimento individuale e convenzioni sociali; l’ambientazione contemporanea, che si traduce in una denuncia senza veli dell’ipocrisia di queste convenzioni; il tema della malattia e della morte, che costituisce il risvolto e l’esito quasi naturale del sentimento d’amore. Infatti gli interessi di Verdi intorno alla metà del secolo ruotano attorno al conflitto fra regole e costrizioni sociali e libertà e dignità dell’individuo. Dunque La Traviata era e rimane, oltre al resto, il ritratto morale ed ideologico della sua società, ma, al contempo, non si può imprigionarla in gabbie ideologiche e nemmeno psicologiche. E questo non è così semplice mostrarlo, per un regista.
Non ci riesce il giovane Marco Gandini (complici lo scenografo Italo Grassi e la costumista Elena Cicorella). La scena è contemporanea, vetro, acciaio, pareti curve, colori freddissimi, dal bianco crema al viola al nero ai grigi. Come i costumi. Un senso generale di gelo emana da tutta l’opera, a differenza di quanto viene suonato e cantato. Anzitutto per dimensioni la scena appare inadeguata agli spazi del Carlo Felice. Poi l’impiccio di cantare movendosi su un grande letto quadrato che a momenti ricorda una tomba, le comparse oltre il vetro che sembrano guardoni, i luccichini che cadono sulle zingarelle come neve (invero sono ballerine in guepiere e stivali sadomaso), il fondale curvo che si apre a ghigliottina, la superficie di fondo scena che riflette involontariamente tutto (troppo, come i televisori situati ai lati del palco in modo da non esser visti dal pubblico, da cui i cantanti seguono la direzione musicale di Luisotti), le luci rasoterra, la scritta al neon “flora” a significare che si è in casa di Flora, il grano vistosamente finto (elemento d’arredo più che altro) a ricordare che il secondo atto si svolge in campagna, “Parigi, o cara” che può solo essere ascoltata e non guardata, insomma una serie di fattori contribuisce al “brivido freddo”, all’impressione di assistere a una Traviata ibernata. Gelo.
Ammirevole per voce e mimica nel ruolo del titolo Svetla Vassileva, già ascoltata a MacerataOpera (nello splendido, storico allestimento con lo specchio di Svoboda) e all’Arena di Verona (nel discusso, recente allestimento di Vick), che sa essere convincente in ogni atto, intensa, passionale, arrabbiata, incredula, supplicante, innamorata, possedendo virtuosismo, fraseggio e melodia. Charles Castronovo è un Alfredo con un bel timbro di voce, forse poco curata in alcuni passaggi e nella dizione, ma con uno splendido registro acuto. Alberto Gazale mette troppa foga nel colloquio con Violetta, più che far leva sui sentimenti di lei sembra volerla ricattare o minacciare, ma dimostra di avere il fisico del ruolo (nella replica a cui ho assistito sostituisce l’insostituibile Roberto Frontali). L’orchestra del Carlo Felice, guidata da Nicola Luisotti, appare troppo impetuosa e rumorosa nel primo atto, ma poi si impegna e trova il giusto accento.
Questa Traviata, allestita dai Teatri del Circuito Lirico Lombardo, si inserisce in una strepitosa stagione, che la Fondazione Teatro Carlo Felice ha programmato in occasione di Genova capitale europea della cultura.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 17 dicembre 2004.
Visto il
al
Carlo Felice
di Genova
(GE)